pagine 280 | prezzo 27€ | cm 14,5,x21

In una fresca notte d’estate, durante una passeggiata fra le calli veneziane, il ricordo dell’amore infantile per un cugino scomparso riaffiora alla memoria di Eleonora. Di lui sa poco, ma si sente indissolubilmente legata a quel giovane schivo.
Anni di ricerche, testimonianze, confidenze di coloro che l’hanno conosciuto. Un incedere lento, a tentoni in un doloroso passato dal quale emergono storie di vite comuni intrecciate tra loro. Berto, Mercè, Arturo, Roberta, Renzo, Mafalda diventano alcuni dei protagonisti inconsapevoli di oltre settant’anni di storia d’Italia: dall’avvento del Fascismo alla Resistenza; dagli Anni di piombo allo scioglimento del Partito comunista; dalla crisi della Democrazia cristiana all’avvento in politica di Silvio Berlusconi.
La penna di Eleonora traccia un aspro ritratto sociologico di un Paese flagellato dall’ipocrisia e dal perbenismo. E quando la disillusione sembra destinata a regnare sovrana, passato e presente si fondono alchemicamente nell’incontro tra Eleonora e Primavera: due donne, due cugine, due amiche, due faville di speranza davanti a un cumulo di cenere.

Mino Vianello è stato professore emerito di Sociologia economica all’Università di Roma La Sapienza. Agli anni ’60 e ’70 risalgono monografie dedicate a Veblen e al movimento sindacale americano. Successivamente, ha focalizzato la propria attenzione sull’emergere della donna come soggetto nella vita pubblica: la prima parte delle sue ricerche, pubblicata nel 2001 con il titolo Gendering Elites (Macmillan), ha ottenuto il Premio Descartes assegnato dalla Commissione Europea. In collaborazione con Elena Caramazza (psicoanalista junghiana) ha sviluppato una serie di riflessioni sul potere, confluite in numerose pubblicazioni tra cui Donne e metamorfosi della politica (2001), Genere, spazio e potere (2006) – tradotto in numerose lingue – La spada di fuoco (2007), Oltre l’ombra del femminile (2015), La cappa di piombo (2021). Redattore della “Revue Internationale de Sociologie” dal 1987 al 2005, è stato autore di innumerevoli saggi accademici e articoli editi su riviste e testate giornalistiche, tra le quali “Il Mondo” di Pannunzio, “Il Ponte” di Calamandrei, “Comunità” di Olivetti, “Il Corriere della Sera”, “L’Espresso”.


 
pagine 80 | prezzo 10€ | cm 14,5,x21

«Sì come luce luce in ciel seconda»: ha inizio con un esergo paradisiaco la nuova raccolta di Luigi Picchi, ideale continuazione di un libro memorabile come Antiqua lux. E basterebbe leggere la poesia proemiale per cogliere il senso dei versi danteschi: « Tutto è partito da qui, / da queste pietre, / in una vibrazione / sottile dal basso / verso l’alto, / fino a fiorire / nella luce». Pietre che raccontano miti, pietre che evocano e invocano eroi, pietre che fioriscono in luce.
Non si potrebbe dare un libro più intransigente e remoto, severo e anacronistico di queste Antagonie, un libro che annuncia la fine dell’età del sacro, e insieme ne testimonia la persistenza, che porta in sé la memoria di un’Arcadia lacustre, di isole beate, di lettere di fuoco e di sapienza che ci pongono sul cammino della verità. Nella forma di una vasta galleria di figure e di immagini che restituiscono il sentimento di una grande civiltà, all’interno della quale non mancano la Como di Plinio e di Giovio, di Aloisio e di Francione, così cara all’autore, e presenze familiari che entrano nella materia della storia e del mito con la stessa necessità e la stessa forza espressiva, l’autore disegna un percorso poetico sempre in bilico tra contemplazione e resistenza morale, reinventando le forme nobili della consolatio o della lettera d’amore. O dando vita a vere e proprie concrezioni immaginative, come questa stupefacente rappresentazione della celebre Stoà: «Anche uno stoico ha il suo képos. / È una cattedrale sotterranea / tutta stalattiti e stalagmiti, / algido ambulacro di concrezioni / saline e calcaree, siderale / gipsoteca, museo delle cere».
Luigi Picchi resta il poeta di sempre, animato da una sorta di febbre dell’antico, che però non resta materia inerte, ma oltrepassa il nostro presente per fiondare nel mistero di ciò che ci attende. Ciascuna delle figure e delle immagini di questo libro è come la tessera di un mosaico ravennate: alla fine, ciò che resta è il fulgore dell’oro, la bellezza di un verso che sembra come nascondersi in un mausoleo di pietre notturne, in attesa della torcia che le farà risplendere.
Giancarlo Pontiggia