Il libro percorre i sentieri del pensiero junghiano di Luciano Perez, il cui sguardo era sempre aperto verso nuovi orizzonti, con profonda umiltà e rigore scientifico. Pagina dopo pagina, l’autore si aggira poeticamente e immaginalmente nei meandri del sapere, non solo psicoanalitico, ma anche letterario, mitologico, artistico e sociologico. Questa raccolta di scritti si pone come lascito di un Maestro, come crogiolo nel quale le profonde e ispirate riflessioni di Perez si incontrano e si fondono, trasformandosi alchemicamente e guidando i lettori nell’affrontare tematiche universali, archetipiche. In questo libro che racchiude i diversi volti del pensiero di Jung, l’autore pone un interrogativo ancora valido nel presente: che cosa significa essere analisti junghiani oggi? E nella risposta ritroviamo la saggezza di Perez, i cui pensieri erano idee dell’Anima che aprivano – e aprono tuttora – nuove prospettive, invitando ad assumere la sua stessa postura riflessiva, grazie alla quale il miracolo si compie e la comunicazione diventa uno spazio immaginativo in connessione con i processi empirici. Perez era un uomo profondamente colto, erudito, che amava utilizzare il sapere per rivelare, non per nascondere.

Luciano Perez (1940-2015), specializzato in Psichiatria, è stato Psicologo Analista Didatta del CIPA. Profondo conoscitore della Psicologia Archetipica, dell’Islamologia, della Simbolica, dell’Alchimia e della Kabala, ha coltivato altresì il proprio interesse per la musica, le arti figurative, la poesia e l’archeologia. Ha curato la traduzione di testi di Jung non inclusi nell’Opera Omnia. In qualità di Didatta ha formato numerosi analisti junghiani.


 
pagine 104 | prezzo 10€ | cm 14,5,x21

Claudio Borghi ci sorprende con questo suo nuovo libro per la capacità di affrontare – nei modi tesi e problematici di chi ben conosce i fondamenti epistemologici di ogni ricerca – i grandi temi della filosofia classica e le decisive scoperte della microfisica e dell’astrofisica contemporanea entro una prospettiva poetica.
Il libro è diviso in tre sezioni che vanno a costituire un vero e proprio trittico intitolato Natura e creatura. E già i titoli di queste tre sezioni – Ricognizione e miracolo, Vicenda degli enti e Germe attuale (quest’ultima in prosa) – fanno intuire la portata teorica e poetica del lavoro. Ma al poemetto centrale della raccolta si aggiunge anche una chiusa intitolata Origine e vertigine, che svela l’intreccio di indagine scientifica e di dimensione esistenziale in cui l’intero libro consiste: un attraversamento delle vicende umane in cui l’indagine scientifica si permea di pathos, il motivo dell’infinità si intreccia con quello della finitudine.
Borghi non sente discontinuità tra fisica e poesia, che percepisce nella loro unità originaria: la poesia è abitata da una musica che è già nell’universo, da una forza emotiva che è la stessa da cui nacque e si sviluppò il cosmo che conosciamo.
Con gli strumenti della scienza e la tensione immaginativa insita da sempre nell’animo umano, e sulla suggestione del grande modello lucreziano, così come delle intuizioni cosmologiche dei possenti dialoghi italiani di Giordano Bruno, Borghi entra nei misteri della luce, del tempo, della materia, alternando sezioni più teoriche e argomentate a improvvisi slarghi immaginativi. Emblematici, per la potenza di pensiero e di visione che esprimono, i versi in cui va a concludersi l’opera: «l’io / è una candela che appare accesa, / l’ombra totale copre l’illusione / della percezione e il tempo pare / un sogno di corvi nella mente sola, / ambra di fiori, nulla di cori».
Giancarlo Pontiggia