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Oggi è tutto live: in diretta televisiva, in streaming, in chat… Ma è veramente live? In realtà memoria, vissuto, ripetizione sono sempre presenti, dunque anche la diretta è soggetta a variazioni di intensità, intermittenze di ogni genere, effetti di registrazione. Eppure, da un lato, è proprio questo che rende viva la restituzione dell’evento; dall’altro, siamo di fronte a un trauma dell’innamoramento della vita, una vita che non brucia più le immagini nelle proprie metafore, ma legge le metafore vedendo le immagini che in loro ancora bruciano.
Allora dobbiamo ripensare il live riconsiderando temi classici e celeberrimi quali: la memoria proustiana, ma vista attraverso le sue persistenze e ri-trovamenti; l’auto-osservazione di Henri Michaux, testimone della parte di sé nascosta e misteriosa; l’opera ultima di artisti in punto di morte come de Kooning, Hartung, Mapplethorpe, Kippenberger; la performance, cardine della concezione dell’evento artistico che si esaurisce nel suo svolgersi, ora rivisitata e rifatta; la cinepresa in veste di robot post-umano come paradigma di un cambio di registro visivo; le diverse forme di remake e re-enactment degli ultimi decenni e i recenti dibattiti sulla liveness e sui social network.