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L’esistenza di ognuno – sembra dire la Fortini – è fatta di emozioni, di consapevolezze, di tempi perduti e di tempi ritrovati che restano all’interno del nostro animo, fondendosi e scontrandosi tra di loro.
Nella raccolta di racconti Una donna ubbidiente le storie si snodano lungo un filo sottile che percorre l’arco di una vita. La solitudine che nasce dalla incomprensione o dal distacco, la paura, il bisogno di pace e soprattutto di libertà si stemperano e si sciolgono nei toni elegiaci della descrizione di paesaggi avvolgenti. Si manifestano nei momenti di ribellione o negli impeti di rabbia subitamente repressi. Si placano nei tempi assai brevi, riservati a sentimenti istintivi e appassionati, ai quali i personaggi dei racconti, sempre oppressi da una vocazione sacrificale, pensano di non avere diritto.
L’amore diviene libero e profondo verso le figure di bimbe bisognose di cure e di tenerezza. E inesorabilmente queste bimbe scompaiono inghiottite dalla morte o annullate dalla malattia o sottratte da altri. Queste creature sono rappresentazioni delle parti più autentiche del mondo interno che gridano il proprio diritto alla vita e all’amore. L’incomunicabilità e le paure nascono dalla obbedienza a regole imposte dall’esterno di cui una donna ubbidiente diviene schiava, «…avere permesso che me la portassero via, non aver avuto il coraggio di prenderla per mano e andarmene con lei lontano…».
La felicità, lampo di attimi di vita, ci avvolge e ci travolge quando seguiamo l’istinto che è dentro di noi e che, come i protagonisti dei racconti di Letizia Fortini, non sappiamo o non vogliamo riconoscere.