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Cenerentola, vestita di stracci e accovacciata nella cenere, è una figura ben presente nel nostro immaginario e incarna l’ingiusta sofferenza di una persona nobile e buona perseguitata dall’invidia. In altre forme, con poche varianti, la ritroviamo nelle favole provenienti da ogni parte del mondo, come espressione di un contenuto profondamente radicato nella psiche umana. Un archetipo, in termini junghiani.
Seguendo la traccia indicata dalla fiaba e illustrandola con numerosi esempi tratti dalla letteratura, dalla religione e dalla storia, Ann e Barry Ulanov esplorano il tema dell’invidia, un sentimento universalmente presente, ma così dolorosamente sgradevole e fonte di vergognoso imbarazzo, da essere stato assai poco trattato nella letteratura psicologica. Ci mostrano le devastazioni che l’invidia produce: la vediamo in azione nelle relazioni familiari, tra sorelle e tra genitori e figli; la scopriamo capace di avvelenare le relazioni tra i sessi e di causare eventi come guerre e rivoluzioni, quando si manifesta nei rapporti tra le classi sociali o le nazioni. Scopriamo infine di poter arrivare a invidiare Dio, fonte del bene assoluto.
Eppure l’invidia, uno dei sette peccati capitali, benché per vie contorte è in grado di indicarci il bene di cui la nostra anima ha bisogno: il vuoto interiore da cui è afflitto l’invidioso non può essere colmato dalla affannosa ricerca di ciò che vediamo negli altri, ma soltanto dalla religiosa scoperta e accettazione di ciò che siamo, con i nostri limiti ma anche con i nostri talenti. Cenerentola ci indica il cammino per sfuggire alle trappole dell’invidia e del vittimismo, e ci invita ad assumerci la responsabilità del nostro modo assolutamente personale di rispondere al bene.