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«La visione che l’autore ed io condividiamo – scrive James Hillman nella prefazione di questo libro – considera l'”io” che cerca l’anima nell’analisi come la voce dell’esiliato che non riesce a trovare quello cui anela dentro la sua persona o nella sua storia (che è essenzialmente un faticoso resoconto delle circostanze dell’esilio)».
E aggiunge: «Questo libro, come testo di psicoanalisi, imbocca coraggiosamente una strada che muove dalla narrazione dell’esperienza personale per dirigersi verso le arti, sia come tema che come stile, allo scopo di ridestare l’immaginazione dal suo lungo sonno…»; e concependo «una psicoanalisi che si radica nella pratica delle arti, dove gli invisibili dell’anima divengono esteticamente concreti», risponde a quel bisogno di cui sono testimonianza «tutti quegli shock da bellezza e tutti quegli assalti d’amore, che irrompono nel cuore a ricordare quello di cui sempre è in cerca».
Pubblicato una prima volta nel 1993 con il titolo Memorie di luce, questo libro è stato notevolmente ampliato, diversamente strutturato e interamente rivisto, e costituisce la sintesi matura del pensiero e dello stile del suo autore.