- Collane
- Amore e Psiche
- Il Tridente Saggi
- Il Tridente Campus
- Narrazioni della conoscenza
- Pensiero e pratiche di trasformazione
- I volti di Hermes
- Il castello di Atlante
- Echi dal labirinto
- Scrivere le vite
- Fabula
- Ritratti d'artista
- Le forme dell'immaginario
- Architettura e trasformazione del costruito
- Quaderni di ergonomia
- Biblioteca del Cefalopodo
- IMM'
- Altre proposte
- Altro
- In Vetrina
- Prossimamente
- Indici Analitici
- Riviste
- Ufficio stampa
Poetessa che ama le sfide e i grandi progetti, Sabrina Foschini lavora su un’idea come un artista sulle pareti di un vasto edificio, tracciando campiture, riquadri, prospettive, lavorando sui dettagli, sui colori, sulla luce. Voce del verbo risulta infatti divisa in due parti (Gli antichi; La novella), come fossero i due specchi di un’antica navata: da una parte venti figure dell’Antico Testamento (Gli antichi), dall’altra venti figure del Nuovo Testamento (La novella). Figure tradizionali, che vanno dall’Arcangelo Michele, da Adamo, da Caino (cioè dai protagonisti del libro della Genesi) fino a San Paolo, l’edificatore della Chiesa cristiana. La narrazione è affidata a ciascuna di queste figure, voci del verbo, appunto, che di pagina in pagina vanno tracciando, in una lingua ricca di terre e di luci profondamente umane, una sorta di vasto atlante di storia sacra, ma riletto con la sensibilità di un nostro contemporaneo. Ne risulta un affresco in cui risplende l’intera storia del mondo nella sua ansia di verità, ma anche nella sua stupefatta innocenza. Un affresco, e non può sorprendere se si considera l’attività artistica della Foschini, ricco di suggestioni pittoriche, che rimandano alle pale d’altare e all’iconografia tradizionale dei santi cristiani. Ma entro questa dimensione visiva, sono i sentimenti e i drammi più celati, le ferite, le promesse, i rancori, le speranze e le ossessioni umane che si materializzano nelle voci monologanti: lo sgomento di Lucifero, soverchiato dal pensiero dell’eternità; l’orrore primitivo di Caino, nello scoprire «una cosa chiamata morte»; l’orgoglio ingenuo di Noè, che obbedisce al Signore costruendo, come un maestro d’ascia, «quest’arca grande di legno resinoso / alta tre piani»; fino alla luce folgorante, caravaggesca che disarciona Paolo, consegnandolo per sempre a un’altra Legge.
Giancarlo Pontiggia