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Con la Vita di Antonio Giacomini scritta da Jacopo Nardi siamo nel pieno della storia di Firenze, e d’Italia, tra la fine del Quattrocento e i primi due decenni del secolo successivo. Sullo sfondo i rivolgimenti provocati dalla politica di Carlo Vili e di Luigi XII, in primo piano, dopo la morte di Lorenzo il Magnifico (1492) ed i brevi e turbinosi anni del Savonarola, le vicende della Repubblica guidata dal gonfaloniere a vita Piero Sederini. Nell’ordito di questa grande tela, si muovono più o meno in evidenza alcuni fra i maggiori personaggi del tempo, dall’imperatore Massimiliano agli ultimi aragonesi di Napoli, da Ludovico il Moro al Valentino, negli anni che corrono tra i pontificati di Alessandro VI e Giulio II più volte impegnato nelle guerre contro Pisa e nelle schermaglie contro le possibili ingerenze del Valentino, Antonio Giacomini (1456-1518) fu uno dei più prestigiosi commissari di guerra fiorentini, intermediari fra il potere centrale e i comandanti delle truppe al fronte, segnalandosi in ogni occasione per il suo valore e per il suo alto senso civico. Di questa vita esemplare fu nel 1548 accorato interprete Jacopo Nardi (1476-1563), allora esule a Venezia a causa delle sue convinzioni repubblicane e dunque antimedicee: pur muovendosi all’interno di un genere in gran voga, appunto la biografia, il Nardi connota il suo testo con i colori della nostalgia e del rimpianto per un tempo irrimediabilmente trascorso, anni segnati da uomini come il Machiavelli, di cui fu intrinseco, il Vettori, il Guicciardini, anni e personaggi che non si sarebbero più ripresentati sulla scena del mondo.