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Viaggio attraverso la gioventù ( 1923 ). Il protagonista di questo romanzo di Lorenzo Montano descrive l’adolescenza come un «breve tumulto d’ombre cose passioni, incoerenti», fatte di «notti laboriose, alcune pazze, l’uno e l’altro compagno, qualche viso e corpo di donna, qualche paese scorso di sghembo, e quell’attesa, quell’impazienza incessanti…».
La gioventù. Sarà lo stesso eroe montaniano a sancire l’impossibilità di coglierla: «Esita a lasciarci, s’indugia a lungo con noi, infine si stacca a tradimento».
La gioventù. Circa la sua inafferrabilità si fa testimone questo romanzo del primo Novecento, dove l’elemento narrativo continuamente s’infrange, proprio come accade, negli stessi anni, all’unità dell’Io.
Viaggio attraverso la gioventù è ascrivibile a quel genere letterario, comunemente conosciuto come Bildungsroman, che ha le sue radici nel Wilhelm Meister di Goethe (1796). Tale genere, dopo aver ospitato una piccola moltitudine di giovani che con foga dolorosa incarna la smania di desiderare, conoscerà i suoi ultimi capolavori – che ne decreteranno in pari tempo il culmine e il tramonto -con gli inizi del secolo scorso.
E così come il Törless di Musil (1906), Malte Laurids frigge di Rilke (1910), Karl Rossmann di Kafka (1915), Stephen Dedalus di Joyce (1916), l’innominato protagonista di questo romanzo affronta l’itinerario della crescita come si azzarda una sortita da uno stato d’assedio per affrontare l’ignoto. La separatezza rispetto all’età adulta diventa la compagna del viaggio, in un ostinato spingersi oltre il limite, verso il precipizio delle illusioni, tipico dell’adolescenza. Pazienza se dopo rimarranno soltanto ceneri.