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 Il Doppio è una delle immagini che il Romanticismo ci ha lasciato in eredità. Da Ivàn Karamàzov al dottor Jekyll, l’uomo contemporaneo percepisce e teme la presenza di un alter ego a sé speculare che lo accompagna come ombra, sino a pretendere la vita. In tale accezione è passato alla psicoanalisi con Rank e Freud.
Ma il Doppio non è sempre stato intuito come persecutore.
Il libro ripercorre la storia di questa figura mitica, a partire dall’Egitto dinastico fino alla Qabbalah estrema, facendo perno sulla gnosi tardoantica, cristiana e non. Ne risulta un nuovo soggetto: il Doppio, per millenni, è stato la rappresentazione, la proiezione, nel mondo extramondano, dell’istanza di individuazione, interezza e realizzazione non limitata all’Io, ma strettamente vincolata all’Io empirico. Istanza che oggi viene allusivamente denominata “Sé”.
Tale risultato viene in conclusione applicato alla decostruzione e ricostruzione della teoria analitica del Doppio, dell’inconscio, del Sé.
A supporto documentale della tesi, in appendice al volume viene fornita la prima traduzione italiana (e la seconda in lingua moderna dopo quella tedesca) del Codice Manicheo di Colonia: un manoscritto greco-egiziano del III secolo d.C., recentemente scoperto, nel quale Mani, il fondatore del Manicheismo, descrive in prima persona la rivelazione che per lui fu l’incontro col suo Doppio, il Sùzugos.