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Da molti anni raccolgo i sogni in cui compare l’immagine della casa. Ho iniziato da ragazza senza uno scopo cosciente, come assecondando una specie di istinto. Dovevo farlo. Stavo inconsciamente cercando la mia casa ideale, cercavo me stessa anche se allora ero lontana anni luce dal poter formulare questa idea. Della casa in cui abitavo ricordo in particolare il grande cortile in cui noi bambini giocavamo. Momenti di libertà e di svago in cui la fantasia e il sogno prendevano il sopravvento su tutto il resto, che invece era molto pesante e doloroso. Poi ho iniziato a raccogliere disegni e riproduzioni di quadri in cui la casa spiccava quale protagonista della scena. In qualche modo capivo o meglio intuivo che questa immagine mi riguardava, e mi offriva la chiave per aprire qualche porta importante.
Ho compreso in seguito che si trattava della porta d’accesso al mondo interiore. Certo, lo sappiamo: la casa è figura dell’eterna tensione umana ad avere un rifugio accogliente e nello stesso tempo è figura della paura di rimanerne prigionieri. In questo senso la casa è immagine della soglia fra il dentro e il fuori. Varcandola si può guardare dentro e venire a conoscenza di angoli e pertugi insospettati che nascondono cose importanti. Allora si può decidere di entrare ed esplorarli questi spazi in ombra e ancora sconosciuti; viceversa se si è già dentro, varcando la soglia si può vedere là fuori la scena del mondo e decidere di uscire per prenderne parte. Forse era questa doppia prospettiva ad affascinarmi: i poli opposti della vita che si richiamano e che ci costringono a vedere i due lati delle esperienze e dei fenomeni. La casa è una necessità essenziale e, né più né meno, è un pericolo essenziale. Ci si può perdere sia rimanendo sempre dentro che cercando sempre fuori e sia dentro che fuori ci si può salvare.
(dall’introduzione dell’autrice)