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La rilettura di un antico testo alchemico – il Rosarium Philosophorum, lo stesso usato da Carl G. Jung come filo conduttore nella sua Psicologia del transfert – si trasforma, come dice l’autore nel Prologo, da un’occasione di studio nella straordinaria avventura di un viaggio involontario: «Credevo allora di imbarcarmi verso una meta consueta nella regione della Psicologia Analitica di Carl G. Jung, mi trovai invece quasi rapito e trascinato per anni in paesaggi sconosciuti, che mi costrinsero a fatiche e pericoli e profonde emozioni che non avrei previsto».
In Solve coagula anche il lettore viene “rapito e trascinato” in questo viaggio, e può scoprire che le immagini desuete del testo alchemico gli appartengono profondamente e danno senso e verità a esperienze vissute in modo frammentato e apparentemente incoerente: amore e dolore, possesso e perdita, illusione, delusione, rinnovata speranza… Come l’Alchimista, Augusto Vitale non dà risposte, ma suscita domande insolite e a volte inquietanti, stupefacenti per l’immediata semplicità che rompe gli schermi delle difese dell’ovvio e della rassegnata ignoranza, e costringe a guardare.
Una parte finale del libro è dedicata allo svolgimento, su un livello filosofico e antropologico, delle proposte implicite e dei semi che il percorso del “Solve coagula” ha saputo gettare nella coscienza di un uomo d’oggi.