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Ruggero Savinio è uno dei maggiori pittori della sua generazione (è nato settanta anni fa ed è “figlio d’arte”, essendo figlio di Alberto Savinio e nipote di Giorgio de Chirico) ma è anche un raffinato scrittore, le cui pagine, in prosa o in versi, testimoniano la passione che genera l’opus artistico e la pietas che lega l’artifex ai maestri.
Hillman ebbe a dire che “sono i poeti e i pittori, e i nostri personaggi interiori che sono poeti e pittori, quelli che si confrontano con il perdurante problema alchemico: la transustanziazione della prospettiva materiale in anima mediante l’ars… ed è imparando da loro che la psicologia prosegue la sua tradizione d’imparare dall’alchimia”. Savinio conferma questa convinzione quando scrive: “Questo è il mio pensiero dominante: che la figura compie un percorso dall’oscurità alla presenza, e del percorso aggrovigliato e difficile conserva indelebili tracce”; e come un antico alchimista, scrive di questo percorso in pagine che a loro volta sono tracce di un consapevole “fare anima” con la pittura.