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Gli scritti raccolti nel libro propongono tre spunti interpretativi per la comprensione e l’impiego clinico, nella psicoterapia contemporanea, del concetto di Sé proposto da C.G. Jung. I primi due testi attingono da tradizioni religiose distanti – la concezione cristiana del Dio trinitario e il Non-Sé del Buddismo – per offrire immagini suggestive e attuali della totalità psichica. Il terzo rimanda alla fenomenologia e all’immaginario onirico per sondare l’ipotesi del Sé come dimora interiore.
L’intento comune è indagare lo scenario ormai molto frequente delle esperienze di dissociazione e frammentazione psichica, prodotto di appartenenze e identificazioni insieme coinvolgenti e complesse, che segnalano una costituzione progressivamente meno coesa e sempre più plurale del Sé. In vista peraltro della tensione a rintracciare nuovamente, attraverso percorsi e modi di conoscenza individuale, il senso di originalità e la dimensione unitaria che connotano l’esperienza soggettiva umana. Un ruolo chiave, sotto questo profilo, assumono la dimensione temporale – intreccio fra memorie e progettualità tesa al futuro – e quella spaziale, intesa come rispecchiarsi e simbolizzarsi del Sè nel luogo delle origini e nell’habitat quotidianamente vissuto.
La cifra “plurale” del discorso sul Sé, infine, assume più apertamente rilievo nella relazione analitica, dove è in gioco non solo la soggettività “plurale” del paziente ma anche quella del terapeuta.
Alla luce delle molteplici metafore che gli autori rintracciano, è poi inevitabile porsi la domanda: a quale tipo di “oggettività” può tendere l’interpretazione analitica?