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Da quanti anni Riccardo Emmolo, l’autore malinconico e meditativo di Ombra e destino e altre poesie (Moretti & Vitali 2002), una delle personalità più appartate e autentiche della nostra poesia, lavorava a questo libro di saggi? Forse da sempre, o almeno da quando, giovane studente appena trasferito dalla sua Sicilia a Firenze, aveva cominciato a riflettere sullo stato della nostra cultura e della nostra poesia. E vi aveva trovato formule (spesso pericolose), abbaglianti esposizioni di sapere; raramente verità persuasive.
Da allora, molte cose sono mutate, ma Emmolo sembra rimasto fedele a quel suo assunto lontano, a quella sua giovanile pretesa di conciliare il rigore del pensiero con la bellezza sovrana di un verso. La sua poesia, intanto, si nutriva dello splendore aspro e fisico della sua terra: le gole dirupate di Cava d’Ispica, le valli iblee popolate di vitigni e di mandorli, di fichi, di odorosi aranceti, di gelsomini e di carrubi; le rive battute dalle onde d’Africa; il soffiare del vento, scandito sui versi della grande Ode al vento occidentale di Shelley. All’amore per la natura, che Emmolo sentiva – e sente – insidiata da una civiltà aridamente utilitaristica, si accompagnava una meditata, spesso aspra, vena civile. La stessa pazienza lucida e appassionata che troviamo nella sua poesia, la stessa sensibilità nutrita di una vocazione alla verità, ritroviamo ora in questo suo libro di saggi, in cui vengono raccolti quasi trent’anni di pensieri e di studi. Un libro composito, se si guarda ai singoli saggi; nel quale, in realtà, tutto si lega e tutto si corrisponde. Nella trama di una vasta riflessione che affonda nell’antico (Lucrezio, Catone) per risalire ai padri della nostra modernità (Leopardi, Baudelaire, Nietzsche), l’autore s’inoltra fino a Camus, a Henry Miller, ad alcuni dei più noti nomi della poesia contemporanea (Conte, Copioli, Pontiggia), senza dimenticare le grandi personalità letterarie della sua Sicilia (Pirandello, Quasimodo, Gesualdo Bufalino) e gli amici artisti (Guccione, Fratantonio). Ma il libro non finisce qui, ed ecco – nel volgersi alla sua conclusione – il lucidissimo e argomentato dialogo intitolato Dèi e uomini (lo stesso titolo che Pavese aveva pensato, inizialmente, per i suoi Dialoghi con Leucò), nonché una vasta riflessione sui grandi temi dell’esistenza: la libertà, il caso, il nulla. Tra tanti libri pieni di dottrina ma non di anima – o, al contrario, nutriti di una sensibilità troppo viscerale, incapace di pensiero – un libro, infine, che esige dal lettore silenzio, verità, misura.
Paolo Lagazzi