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Il titolo di questo libro potrebbe funzionare benissimo per un romanzo o per un film. Il sottotitolo scopre un po’ più le carte: l’uomo che andava a teatro non ci andava perché ne era il custode o faceva il macchinista teatrale o l’attore, no, ci andava perché era uno spettatore, anche se non tanto comune… ma cos’è uno spettatore?… Ecco a che tipo di spettatore l’autore intende riferirsi:
… Memoria mi parlò di una scuola filosofica indiana secondo la quale saremmo spettatori e non attori della nostra vita: osservarci vivere ci appassionerebbe e, giorno dopo giorno, finiremmo per identificarci con ciò che vediamo. Secondo questa buffa prospettiva avevo un gemello che mi accompagnava ovunque, come un fantasma. Con lui facevo teatro da sempre e non si trattava di un’occupazione facoltativa ma della condizione stessa della mia umanità. La mia prima esperienza dell’altro, secondo lei, era avvenuta dentro di me. Là avevo scoperto non solo di essere doppio ma di ospitare un’intera folla di personaggi, non tutti raccomandabili. Per condividere lo stupore di questa condizione avevo deciso di andare a teatro…
… Cerchiamo di percorrere questo complesso, ma illuminante e intelligente saggio-racconto, attraverso i capisaldi, come dire, formativi che propone. Si comincia con I Persiani, si prosegue con Amleto, I Sette contro Tebe, Così è (se vi pare), I Giganti della montagna, Edipo re, Edipo a Colono… Un altro capitolo esemplare è dedicato al rapporto antagonistico Bulgakov-Stanislavskij visto, giustamente, come un duello interrotto… Scarpa, che come un rabdomante sa scoprire e connettere in vasi comunicanti vene sorgive tanto sotterranee da essere invisibili, allarga questo tema fino a farne, con esempi tratti persino dai popoli nomadi australiani, una bandiera del pensiero sperimentale e una dichiarazione di necessità: quella di un duello, stavolta ininterrotto, tra attore e spettatore. Duello che è il nucleo del motore eterno del teatro.
(dalla prefazione di Andrea Camilleri)