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Questo libro già nel titolo contiene sia il fine che persegue, sia il modo in cui è stato scritto. L’autrice ci introduce infatti con mano sicura nel mondo delle passioni, dei sentimenti, delle emozioni, in un continuo rimando tra letteratura e vita della psiche. Non si tratta perciò soltanto di un capitolo, comunque affascinante, di storia delle idee. L’autrice lavora coniugando tre diversi registri: quello letterario, in cui l’affettività trova la sua più completa oggettivazione; quello psicologico, in cui essa viene radicata nella struttura e nei dinamismi della personalità; quello clinico, in cui emozioni e sentimenti si fanno vita vissuta e diventano il fondamento del dialogo analitico.
Il bello del libro sta nella sua struttura di catalogo ragionato: una sorta di Traité des passions alieno da astrazioni concettuali, che procede per exempla, assumendo di volta in volta come punti di riferimento grandi opere della letteratura mondiale. E dunque la gelosia viene declinata attraverso Proust, Tolstoj, Shakespeare, Mansfield; l’invidia attraverso Balzac, Flaubert, Cechov, e così via per la vergogna, la paura, l’odio e l’amore.
Nella scelta dei testi, l’autrice sembra inseguire con sottile intuizione il significato indicibile che si nasconde negli interstizi tra le parole, affinché noi si possa cogliere l’emozione che le regge (il “felice ineffabile sentire”), senza la quale il testo non sarebbe altro che un esercizio di scrittura.
(dall’Introduzione di Augusto Romano).