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Tagore ogni mattina, durante le riunioni di meditazione, di fronte agli allievi e ai professori della sua scuola in Bengala, Shantiniketan – la casa della pace – lasciava sorgere dalla sua ispirazione parole che potessero guidare la giornata. Queste parole, espresse in una lingua unica, una sorta di prosa ritmica di straordinaria purezza, raccolgono in modo diretto e spontaneo l’essenza della sua esperienza spirituale e umana trasformandole un messaggio di istantanea, perenne attualità. Ora come allora è possibile aprire a caso queste pagine per essere trasportati nell’alba di una di quelle giornate e al tempo stesso essere ricondotti intimamente alla propria quotidianità nel riflesso di quello sguardo. Come ha ricordato l’economista Amartya Sen, che fu educato a Shantiniketan, quelle discussioni spaziavano dalla letteratura indiana tradizionale al pensiero occidentale, alle culture cinese e giapponese, all’insegna della massima apertura in cui, come ha detto un altro grande allievo di Tagore, il regista cinematografico Satyajit Ray, Oriente e Occidente si fondevano in una nuova sintesi.