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«Sono i poeti e i pittori, e i nostri personaggi interiori che sono poeti e pittori, quelli che si cimentano con il perdurante problema alchemico: la transustanziazione della prospettiva materiale in anima mediante l’ars. L’artifex è ora l’artigiano. Il laboratorio alchemico è nel loro operare con le parole e con i colori, ed è imparando da loro che la psicologia, secondo la sua tradizione, continua a imparare dall’alchimia. Essi ci dicono ancora di più sulla terra alba: che se è il metodo artistico il primo a percepire il terreno immaginale, allora la vera natura di questa terra deve essere estetica – il cammino è la meta. Giungiamo alla terra alba quando il nostro modo di fare psicologia è estetico. Una psicologia estetica, una psicologia la cui musa è Anima, sta già muovendosi, sicuramente anche se ancora esitante, in quel bianco luogo».
Questa pagina magistrale di James Hillman potrebbe essere posta in esergo alla raccolta dei venticinque volumi di Anima, che ne fu ispirata fin dall’inizio, procedendo poi con il conforto non soltanto dei poeti e pittori interiori, ma di quelli mai mancati fra i collaboratori e gli amici, esemplari per noi analisti alla ricerca di un linguaggio intonato a quello dell’anima, che nascesse dall’unione profonda e tormentata di Eros e Psiche, e tentasse di evocare quell’amore e quel timore della bellezza che ne nascono, e le cui radici s’intrecciano nelle profondità della storia personale e culturale, alimentando molte di quelle sofferenze che ci vengono affidate in analisi.
Hillman è stato, è un maestro. Maestro è chi ha riconosciuto la possibilità di un sentiero nel folto, e avanzando lascia dei segnavia; un sentiero con il quale risalire a un punto di vista archetipico, smarrito o ignorato, a una radura che ora s’illumina, seppur lievemente, laddove prima erano ombre inquietanti, lamenti inascoltati, voci di abbandonati che chiamavano. Ha udito il richiamo del daimon, ha sciolto i dubbi, si è fatto forza, e si è messo in cammino aprendo un sentiero, un percorso ora riconoscibile e sul quale si può seguirlo, almeno per un tratto, almeno in misura delle proprie forze, e se una medesima voce chiami. Beninteso, non è il sentiero, quello su cui il maestro si è incamminato, è un sentiero, uno fra i possibili. Alla meta portano molti sentieri. E sono molti i maestri, a volte affini, a volte diversi come i sentieri e i punti di vista archetipici ai quali è possibile accedere – gli oscuri impulsi interiori che cercano la loro forma. Sono infatti molti gli occhi dell’anima, le scintillae che illuminano tenuemente la sua notte, i punti di vista dai quali essa guarda e si guarda.
Proprio questa visione plurale, già abbozzata negli ultimi scritti teorici di Jung, avrà la forza di animare il pensiero di Hillman svolgendone la differenza, e lo indurrà a spostare il focus prospettico della psiche dal Selbst monoteistico alla sizigia politeistica Animus/Anima, interprete del “fondo poetico dell’anima”: ne nascerà un’opera magistrale i cui frutti sono ormai affidati come semi alla terra, perché ne nasca l’ancora impensato.
Gli scritti di questo volume, con il quale Anima conclude la sua avventura iniziata nel 1988, vogliono rendere onore al magistero di Hillman, ciascuno riflettendo, con gratitudine e dal proprio punto di vista, una scheggia della sua opera.