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Fra il 1887 e il 1889 nel labirinto di Whitechapel nasce e si diffonde il mito di Jack lo Sventratore, accostandosi nell’immaginario collettivo ad altre figure simili della cultura ottocentesca quali la “creatura” di Frankenstein, l’Ebreo Errante di Sue, il Mister Hyde di Stevenson, o il Maldoror di Lautréamont, ma non già quale risultato di una scrittura d’autore, come nel caso di Mary Shelley, bensì della cronaca dei giornali, che parlavano di “audacia diabolica” e “incredibile barbarie”.
Rober Desnos pensa di rivisitare nel 1928 questo personaggio senza volto, non dissimile in questo da altri grandi protagonisti della narrativa popolare quali Fantomas, o l’Uomo Invisibile, ricostruendo i fatti con estremo rigore, attenendosi ai risultati delle inchieste di polizia. Ne risulta un quadro di singolare crudezza, che trova però, proprio nel surreale distacco della narrazione, le ragioni di una precisa valenza simbolica e di una straordinaria fascinazione: Jack lo Sventratore è la nostra zona d’ombra, il calibano che abita in ognuno di noi.