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Nel 1962, a quarantun’anni, Edgar Morin è ricoverato in ospedale, a New York, colpito da una brusca malattia che lo obbliga a staccarsi dal turbine delle attività scientifiche e sociali. I suoi giovani amici sono a Cuba, a vivere un ideale rivoluzionario, e lui “frigge” segregato nel suo letto. Non gli resta che immergersi in se stesso, “camminare con se stesso”, verso se stesso, occupandosi di idee e sentimenti lasciati incolti da troppo tempo.
È lì che nasce Il vivo del soggetto, un diario-saggio in cui è esplorata, con pensoso distacco, l’intera galassia mentale di questo maestro del nostro tempo: quel complesso di illuminazioni e di idee germinali, ancora intrise di fatti e di sentimenti quotidiani, che costituisce il terreno di coltura di un pensiero fra i più avvertiti del secolo. «Questo enorme manoscritto – scrive l’autore nella Post-prefazione – non assomiglia in nulla a ciò che avevo scritto fino ad allora, e che ho scritto in seguito; ma mi assomiglia come nulla di quanto ho scritto mi ha mai potuto assomigliare. Gli altri libri erano miei; questo sono io».