- Collane
- Amore e Psiche
- Il Tridente Saggi
- Il Tridente Campus
- Narrazioni della conoscenza
- Pensiero e pratiche di trasformazione
- I volti di Hermes
- Il castello di Atlante
- Echi dal labirinto
- Scrivere le vite
- Fabula
- Ritratti d'artista
- Le forme dell'immaginario
- Architettura e trasformazione del costruito
- Quaderni di ergonomia
- Biblioteca del Cefalopodo
- IMM'
- Altre proposte
- Altro
- In Vetrina
- Prossimamente
- Indici Analitici
- Riviste
- Ufficio stampa
Dopo sei ispirati libri di poesia, l’ultimo dei quali, Gli improbabili confini (Moretti & Vitali 2004), ha vinto nel 2005 il premio internazionale «Attilio Bertolucci», Bruna Dell’Agnese raccoglie le prose che è andata scrivendo per tanti anni sugli stessi temi dei suoi versi: la malinconia del tempo che passa, l’acqua delle stagioni, le case che abitiamo, i giardini in cui contempliamo la fioritura del mondo, la limpida geografia dei cicli, la dolce smemoratezza dell’amore, le profondità gemmate dell’arte, le ferite dell’anima.
Diviso in due sezioni complementari, (Immagini e Luoghi], questo libro è il frutto di letture appassionate, quasi mimetiche, volte a rintracciare, tra le pagine di un saggio, di una poesia o di un romanzo, il senso di un destino, di una vocazione ineludibile. Ai ritratti della prima parte, dedicati ad alcune delle figure più rappresentative della cultura e della poesia otto-novecentesca (da Emily Dickinson a Marguerite Yourcenar, da Simone Weil a Walter Benjamin, da Rimbaud a Margaret Mead, da Camille Claudel a Sylvia Plath, da Karen Blixen a Hannah Arendt) segue una sezione di luoghi – più ideali che reali, perché essenzialmente poetici – che spiccano ormai assoluti nella nostra memoria di lettori (il manzoniano giardino di Brusuglio; il lago Maggiore di Ruskin; la torre medievale di Muzot, dove Rilke volle finire i suoi giorni; la Tellaro di Attilio Bertolucci; i “tetti” di Lalla Romano). «Per costruire un mondo, occorre spesso allontanare il mondo», scrive Bruna Dell’Agnese: esiliandosi dal luogo comune, la parola della poesia potenzia la propria verità, testimonia la propria intransitiva tensione all’invisibile, lega in armonia gli sparsi frammenti dell’esistenza, rivelando – a chi scrive come a chi legge – il silenzioso paese dell’anima.
Giancarlo Pontiggia