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Quello che si nasconde nelle pieghe de: Il rovescio di Maria, pur ricollegandoci all’immagine e al nome della Madre per eccellenza (Maria), si rivela essere l’insaziabile sete dell’umano – in questo caso dello sguardo di un volto materno non ancora incontrato – che si nasconde, si svela e si compie nel “rovescio” delle cose e della Vita. La figura che la scrittura poetica disegna e attraversa è quella delle madri incapaci d’essere madre, incapaci d’essere seno nutriente, corpo accogliente e sguardo amorevole; latitanze che consegnano i figli in un’attesa continua e in una ricerca furente di qualcuno, di un gesto, di una parola che possano farli nascere al mondo. È lo sguardo dell’altro che ci permette di dire “io esisto, io sono degno d’essere amato”. Se questo non avviene, la condanna di un materno inesistente corroderà la vita d’ogni figlio, consegnandolo a continui errori d’interpretazione, sino a portarlo a vedere nel volto del carnefice il volto di “quell’amore” mai avuto, sempre desiderato e sempre tradito. L’Io narrante percorre molti labirinti che – come specchi – riflettono un’infinità di volti, volti sconosciuti, volti amici, volti traditori, volti di carnefici e di salvatori, volti che l’autrice di volta in volta invoca, maledice e benedice, trova e perde, in un cammino appassionato e salvifico verso quello che si rivelerà il volto cercato e inaspettato.
L’esergo iniziale del libro è di Walt Whitman, l’unica voce maschile che dà inizio al viaggio attraverso i 16 labirinti che compongono il libro.