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C’è una concezione del tempo come successione lineare di passato-presente-futuro; e una concezione, invece, che privilegia i salti, le rotture, i punti critici. In una stasi del presente, la memoria stabilisce contatti fulminei con il passato; sono momenti frammentari ma privilegiati che ritornano, formando costellazioni significative con il presente e aprendo nuove possibilità di futuro. Questo processo costituisce il tempo di mezzo, un tempo di qualità inconsueta, sospeso fra il vecchio che scompare e il nuovo che subentra: una transizione a volte paurosa, spesso dolorosa, fra il nulla che rischia di inghiottire il passato e il vuoto da cui dovrebbe sorgere un orizzonte di senso ancora non visibile. In questa sospensione fluttuano immagini interiori, riaffiorano episodi d’infanzia, si ripropongono alla riflessione le sconfitte della storia. Sulle tracce di Benjamin, Hölderlin, Proust, tempo e memoria si offrono a una riflessione collettiva, attraverso le tensioni della filosofia e della storia, e le oscurità della vita psichica individuale.
In continuità con l’esperienza passata, il volume affronta il tema da un duplice punto di vista: quello filosofico e storico e quello più propriamente analitico e psicologico. Al centro della riflessione sta la difficoltà a vivere a pieno il presente e la corporeità, in un’epoca che vede il trionfo del virtuale e la sempre più estesa artificialità della vita. È la memoria, sostengono gli autori, che può contrastare questa perdita di senso.