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Questo romanzo parla del servizio militare, ma potrebbe sorprendere ogni aspettativa sull’argomento. Anche il suo carattere di romanzo di formazione è molto lontano dai classici ottocenteschi che conosciamo e che determinano il genere. La vicenda di un ragazzo costretto per un anno a fare le pulizie in un distaccamento militare sperduto nelle campagne, apre subito il conflitto tra il tempo obbligato del presente e quello del sogno frustrato di una vita piena all’insegna dell’arte, delle amicizie, dell’amore. Ma sin dalle prime pagine tutto ciò si capovolge. L’irrilevanza degli eventi che si ripetono in giorni estenuanti e la superficialità dei rapporti coi commilitoni, si fanno il tessuto di un vissuto che assume via via profondità e spessore in una continua dialettica tra pensiero lucido ed emotività poetica, tra sottili percezioni sensoriali e sensibilità simbolica. Solo il dodicesimo mese, al momento del congedo, il protagonista afferrerà il vero significato della vicenda, quando il sogno di una vita futura svanisce e si pone in primo piano la concretezza, a lungo vissuta, dei rapporti con le cose, la solidarietà umana per un destino comune.
La ricchezza con cui Nicola Vitale intreccia in modo avvincente i diversi livelli del racconto, abbraccia diverse forme della tradizione narrativa, glissando costantemente dall’una all’altra per fare emergere una nuova vitalità, in quella che potremmo definire senza esitazione: una fenomenologia della coscienza.