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Il disastro è all’ordine del giorno nel pensiero filosofico. Accade ogni volta che il pensiero rimuove il sensibile e, con il sensibile, il mitologico, l’immaginativo, l’individuale.
Questo libro ci parla di un pensiero che vuole indagare l’ombra che fin dal principio alberga in noi; un pensiero aperto a istanze ultra-filosofiche. Con Filosofia della sensibilità Susanna Mati mette in opera la volontà del pensiero di inoltrarsi nella vita, seguendo “il tragitto solitario dell’anima”. In tale tragitto la sensibilità è lasciata essere come qualcosa di appropriato in tutti i sensi: precisamente come esito di un ritorno ai sensi.
Filosofia della sensibilità manifesta l’idea che il pensiero debba separarsi dai tradizionali linguaggi filosofici. Ma indica altresì che rifondare gli etimi e portare a nuova vita il vocabolario filosofico non è ancora sufficiente. Come non basta opporsi agli imponenti sistemi filosofici e alla loro luce accecante.
È esplicita Susanna Mati: “Occorre un nuovo pensiero patico e immaginativo: una filosofia della sensibilità”. Occorre dire poeticamente quel medesimo che, manifestatosi nella physis, si è poi ritirato nel nascondimento. Grazie al dire della sensibilità, va tracciata una nuova via per prendere la parola, per dare voce al pensiero: aprire un varco, rompere un equilibrio, spezzare una linea, separare per ricongiungere. Va coltivato il confronto tra pensiero sistematico e pensiero libero; tra pensiero dogmatico e pensiero nomade.
Pare proprio che il pensiero non possa evitare di stringere alleanza con la parola poetica.
Dalla postfazione di Flavio Ermini