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La questione del reincantamento si rivela oggi quanto mai cruciale nel contesto delle scienze umane: al suo centro vi si staglia l’individuazione, processo psichico personale e collettivo in via di ridefinizione nell’epoca delle tecnologie dell’informazione. Negli ultimi due decenni, l’onda lunga delle tecnologie stranianti che ha disegnato la modernità matura si mostra percorsa da correnti “radicanti” il cui potere s’irradia dalla dimensione dell’immagine: luogo di costruzione dell’identità e al contempo potenza destrutturante capace di dissolverne il fondamento. L’inflazione e la fame di immagini, sintomi dello sradicamento del soggetto moderno e vero fenomeno di possessione dei nostri tempi, richiedono una terapia del simbolo in grado di stabilizzare il processo di costruzione dell’identità, un’accurata ricerca delle immagini atte a rappresentare autenticamente il soggetto e il dono a queste di un corpo. All’esperienza del sé “schermato” e rescisso dal contesto ambientale, esito ultimo del disincantamento, occorrerà sostituire quella di una nuova esposizione al mondo, anche nella forma di un’immediatezza indotta tecnologicamente. La posta in gioco è la fuoriuscita dalla patologia dell’immagine e la costituzione di una nuova universalità, in vista dell’avvento di una nuova comunità. All’interno di questa scena teorica, le figure più rilevanti si muovono intorno al rapporto tra natura e tecnica, alla riemersione e al persistere di luoghi psichici impermeabili al processo di secolarizzazione, al rapporto complesso e multidimensionale tra fare artistico, immagine, tecnologia e politica.