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Di là non ancora è una raccolta di sole quaranta poesie, distillate nell’arco di poco più di un decennio, che rivelano però tutta la complessità e la raffinatezza di questo giovane poeta, che sa unire alla limpidezza e alla leggibilità del dettato un’aura sospesa e misteriosa che affascina il lettore fin dal primo verso.
Una chiave di lettura di queste poesie è già nel titolo di una delle sezioni del libro, Quasi un Hopper: come nei quadri del grande pittore americano, Montorfani sa abbinare il realismo dello sguardo e delle prospettive a un’atmosfera onirica ed enigmatica, grazie alla quale gli oggetti umili della vita di ogni giorno ricevono una luce ulteriore, spesso arricchita dal fuoco calmo dell’ironia. Come in questo autoritratto: «Così facendo, seduto / tutto da un lato / del tavolo-bancone di cucina, / mi sembra di non stonare che un poco / in questa casa pensata, ragionata / (un piccolo mondo design) / eppure indiscutibilmente viva. // Visto così, potrebbe essere / quasi un Hopper / una patina traslucida di interno / con un uomo seduto nel mezzo / nell’atto di scrivere». La poesia nasce dunque dall’osservazione della “realtà”: quanti nomi di luoghi, di persone; quanti oggetti che s’incidono nel guscio dell’occhio che guarda; quante luci – di candele o di nevi, di ori o di fuochi – in questo libro di notazioni sempre discrete e come pudicamente trattenute sulla soglia di un troppo dire, ma pure così profondo e ricco di sensibilità e di pensiero (di pensieri che sanno persino volgersi, come nella sezione Eroi, al sentimento del bene, «tra coltri di senso» e «speranza nella vita vera»). Ma la “realtà” della poesia di Montorfani non ha mai nulla di piatto e di minimalistico, viene anzi trasmutata, come una pasta di colore o una materia vitrea, in virtù di una retorica raffinatissima, di una parola che sa dare ordine alla visione, accenderla di una sua luce interiore – come d’ambra o di alabastro –, trapassare di grado in grado, per via di nuances e di tocchi vibranti, fino all’illuminazione felice, all’epifania trascolorante. Montorfani – e di questo gliene siamo grati – sa cos’è una lingua poetica: cos’è un suono, una figura, e qual è la natura, e il senso profondo, di un verso – libero, com’è nella storia dell’ultimo secolo, ma con dentro la memoria lucente dei metri che ci hanno nutrito per tanti secoli.
Giancarlo Pontiggia