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Ogni città è un mondo possibile. Perché la città nasce dal caos e dalla necessità. È figlia dell’anarchia e patria del disegno. È un ordine spontaneo, eppure nasconde un piano. Certo, le città possono essere diverse per viabilità e visibilità. Ma tutte sono belle. E tutte sono ricche. Se i nostri occhi lo sono. Se accettano qualcos’altro nel loro mondo.
Le città non sono solo polis e polemos, ma anche pathos. Perché mettono in scena Sofocle e Beckett, Aristofane e Pirandello, rumori e silenzi, dissonanze e drammaturgie, tragedie e commedie, cori e monologhi. Soprattutto contraddizioni.
Si chiede alla città di crescere e moltiplicarsi, assumere le sembianze di un gabbiano che vola lontano, offrire figure alle utopie, essere il segno di una volontà di cambiamento, adottare canoni estetici in grado di accogliere la tensione e la passione dell’uomo che ama la sfida del ciclo e si protende verso un differente orizzonte.