| Architettura e trasformazione del costruito |

pagine : 118
dimensioni : 21x28
prezzo : € 25,00
ISBN : 9788871861456
Anno di pubblicazione : 1999



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Auditorium di Milano
Una casa per la musica
a cura di Salvatore Zingale  
 



Nel settembre del 1939 si inaugurava il Cinema-Teatro Massimo, opera dell’architetto Alessandro Rimini. Da anni in disuso e vittima dell’incuria, quella sala, nata per la luce del cinematografo, è ora diventata casa per la musica, la sede dell’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi. Questa metafora ha di fatto ispirato e accompagnato la ristruttura­zione dell’edificio, progettata dall’architetto Giancarlo Marzorati e a cui hanno collaborato progettisti ed esperti fra i più affermati nei loro campi. La casa e il suono, l’archi­tettura e la musica: è questa l’alchimia fascinosa dell’Auditorium. Da un lato la pesante concretezza del cemento, del marmo e del legno; dall’altro la leggerezza “spirituale” del suono.

«Mi sembra di dirigere stando dentro la pancia di un vio­loncello»: questa espressione, usata dal Maestro Riccardo Chailly, è rimasta a suggello di un progetto in cui l’acustica, firmata da Enrico Moretti, ha raggiunto livelli di eccellen­za. In effetti, il mondo fisico creato dentro la sala dell’Auditorium di Milano è un universo isolato e a sé stante, protet­to dal rumore della città, una serra che genera armonie. Il passaggio dal fuori al dentro può divenire una sorta di in­gresso in un corpo sensoriale avvolgente. Questa esperienza è il “senso globale” che scaturisce dalla coralità della coope­razione progettuale: dal disegno degli spazi, dalla loro mor­fologia e adattabilità a diverse forme di spettacolo, dall’in­stallazione dei diversi impianti tecnologici.

Il libro racconta l’esperienza di questa trasformazione — voluta da Agostino Liuni e da Luigi Corbani – attraverso le immagini e per diretto intervento dei protagonisti. Le immagini dicono tanto del travaglio del cantiere, impianta­to in condizioni “normalmente” impossibili, quanto dello splendore del risultato; mostrano il particolare e la visione di insieme. I diversi contributi testimoniano la “comples­sità” dell’impresa progettuale, condizionata dall’impossibi­lità di un piano di lavoro a priori. Il progetto è invece stato pensato, modificato, interpretato lungo il cammino, in divenire, come gioco d’intesa fra i diversi attori. L’impresa che qui si presenta è allora, implicitamente, l’e­sposizione di una metodologia progettuale corale, una metodologia difficile perché direttamente “dedicata” all’o­pera specifica e unica, e che richiede al progettista compe­tenze nuove. Ma lo sforzo inventivo e di regia in questi casi risulta doppiamente produttivo: oltre a realizzare l’opera che era stata richiesta e desiderata, si contribuisce al recupero culturale degli spazi urbani esistenti, rinunciando finalmente alla logica della speculazione a breve termine.