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Fra i massimi poeti della modernità Giacomo Leopardi è stato forse quelle più frainteso e inascoltato, soprattutto sul piano della riflessione filosofica. Il motivo è nella lucidissima e profetica opposizione del suo pensiero così controcorrente rispetto all’entroterra intellettuale del suo tempo. Uno dei punti centrali di tale pensiero si concentra sul netto rifiuto di tutte le soluzioni consolatorie dello storicismo dialettico del primo ottocento e sulla formazione di una nuova cosmologia, incentrata sul carattere distruttivo della ragione separata dall’illusione e dall’immaginazione.
Nei modi e nell’impianto di un dizionario (accogliendo idealmente una lontana sollecitazione dello stesso Leopardi all’editore Stella) Carlo Mariani ripercorre, con leggerezza narrativa ma anche con forte rigore filologico, alcune voci dell’universo letterario e speculativo del poeta di Recanati, dai grandi concetti morali alla sospensione lirica e sentimentale delle canzoni. Queste voci formane un saggio compatto e organico, nel quale l’autore, attraverso una fitta rete di rimandi interni e sottili connessioni, ricostruisce un percorso ermeneutico che vuole sottolineare la lezione fondamentale del materialismo classico e settecentesco, da Luciano a Holbach, entro cui Leopardi andava maturando scelte autonome e radicali.
Alla luce delle discussioni leopardiane più vive, gradualmente affiora come un finissimo filo conduttore l’immagine d’un Leopardi poeta filosofo, che nell’atto concreto della scrittura — avvertita in tutta la sua interezza — associa ricerca stilistica e ricerca speculativa, in un rapporto inscindibile su cui si fonda la poeticità stessa. Così dalle pagine altissime e concentrate delle Operette e dei Canti, Leopardi esprime “nella sera delle umane cose” un nichilismo senza speranza oltre il quale, però, la forza della poesia sa sollevarsi in un’estrema illusione.
Paolo Ciro