pagine 128 | prezzo 13,00€ | cm 14,5x21

C’è posto ancora in noi per una madre, quando la madre non c’è più? E che posto aveva lei per noi, nel momento in cui eravamo figli e lei una eterna, immortale presenza?

Questo breve e intenso romanzo narra uno struggente dialogo tra madre e bambino, tessuto sul filo della memoria. Disseminato di presagi di lutto e di assenza, il racconto – avvincente e di raro lirismo visionario – è illuminato dai colori accesi del desiderio e dalla speranza di colmare il vuoto di chi ci ha messi al mondo, raccogliendone l’eredità di amore, fiducia, libertà.

Tra sogno e realtà, esperienza e mito, la madre concreta si intreccia con quella archetipica, insieme strega e fata, mistero e certezza, ma soprattutto donna con un suo inaccessibile passato, capace di lasciarci nel tempo il dono più grande: la forza di proseguire l’accidentato e meraviglioso viaggio dell’esistere da soli, e senza di lei.


 
pagine 144 | prezzo 12,00€ | cm 14,5x21

Fin dal titolo questa labirintica, concentrata raccolta di Maria Clelia Cardona coglie il lettore sulla soglia, ambigua e incerta, in cui l’inverno sembra toccare il culmine del gelo e della desolazione, e insieme annunciare l’avvento di una nuova primavera, quando «conflagrano / i semi della vita», e noi sentiamo di appartenere a una «forza ignota» che scompiglia ogni nostro pensiero, e ci immette nel grande flusso delle cose del mondo.

Maria Clelia Cardona ci ha abituato fin dal libro dell’esordio, che fu prefato da Mario Luzi, a una scrittura limpida e colta in cui un lessico di fiammante e nobile proprietà si alterna con neologismi contemporanei e improvvise dissonanze espressive, slanci lirici convivono con poemetti narrativi, il verso libero si alimenta della memoria metrica della nostra grande tradizione, la libertà del pensiero di un confronto continuo, serrato con i grandi maestri della letteratura di ogni tempo, che costituiscono spesso come una soglia immaginativa, un motto, una nota su cui va a modularsi la poesia. Ma in questo libro di «pensieri stellari», di meditazioni intime, di riflessioni civili, è soprattutto il mondo della natura a costituire come un archivio privilegiato di figure e di immagini, a volte veri e propri apologhi, in cui si rispecchiano le vicende umane: ed ecco l’acacia nel vaso, o la gatta tartaruga Santippe, «monacata a forza», o il topo che «viveva di interrogativi», ma anche i «cento bulbi di iris» ordinati on line, «che altri affideranno / alla terra, che per altri fioriranno».

Perché Maria Clelia Cardona sa bene come le parole siano quasi inevitabilmente condannate a ritrarsi «di fronte alla vita», e come spesso ci appaiano «chiuse da sbarre, filo spinato», nel quale gli stessi ricordi si impigliano, inaridendo come foglie secche: nondimeno, è proprio della poesia questo improvviso fulgore di un’immagine, di un suono, «un tremolio d’oro fino, polvere di un nulla pregiato / sulle dita» in cui qualcosa sembra poter restare, proprio quando tutto pareva ormai perduto.

G.P.