Il libro è frutto di una frequentazione di quasi 30 anni fra i due autori, l’uno a suo tempo giovane paziente e l’altro psichiatra e piscoanalista junghiano. Ad analisi conclusa è cominciata una profonda amicizia scandita da appassionate conversazioni su psicoanalisi e senso della vita. Oggi il giovane di allora è un uomo maturo e l’analista si avvicina agli 80 anni d’età. Insieme hanno scritto questo libro, che si compone, come in un’intervista, da una serie di domande sull’inconscio, sui simboli archetipici, sui sogni seguite dalle risposte dell’analista sulla base di ricordi e riflessioni desunte dall’esperienza di più di 80.000 ore di incontri professionali nell’arco di quasi 50 anni d’attività.


 
pagine 208 | prezzo 16,00€ | cm 11,5x16,5

Fare ritorno – nella propria città, dal lavoro, da un viaggio – sembra cosa realizzabile in modo abbastanza facile. Ma se tutto muta di continuo, sia pure impercettibilmente, c’è davvero la possibilità di tornar da qualche parte o da qualcuno? Hanno ragione Eraclito e Brecht, quando l’uno sostiene: “Nel medesimo fiume non è possibile entrare due volte”; e l’altro, esule a lungo, afferma: “Non lasciatevi sedurre! Non esiste ritorno”?
Comunque sia, dobbiamo sempre misurarci col cambiamento e va pur ammesso che di sera, tornando a casa, talvolta non siamo le stesse persone che al mattino l’hanno lasciata. Ogni ritorno, allora, è forse solo parziale, precario, in certi casi illusorio.
Francesco Roat di tutto questo scrive mediante 13 variazioni sul tema del ritorno – mancato o meno – trattando, fra gli altri, di quello biblico del Figliol prodigo, di Ulisse da Troia, di Euridice dall’oltretomba e dei nostalgici che soffrono il non poter tornare a casa; infine analizzando temi tanto coinvolgenti quanto problematici, come quello della reincarnazione e della resurrezione, nonché quello sulle difficoltà di chi è tornato da Auschwitz.


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