pagine 112 | prezzo 12€ | cm

Con Il passo dell’obbedienza, Laura Corraducci ha scritto il suo libro più difficile e coraggioso: un libro nel quale ogni parola è un atto di speranza, un passo gettato oltre la linea di confine che separa un «canto rotto» dal «canto del cuore». E lo fa evocando figure imperfette, che hanno conosciuto il dolore di una perdita, o la grande tragedia della storia: figure su cui sovrasta l’immagine di Maria, che si affida alla volontà di Dio nel segno dell’umiltà e della dedizione. Indipendentemente dal loro esito terreno, queste figure si muovono verso il compimento di un disegno che è più forte di ogni violenza e di ogni strazio: così, la prigione che si chiude su Juana la Loca o il campo di sterminio dove trovò la morte Etty Hillesum si fanno simboli di un’obbedienza più alta, che riassume in sé l’idea di libertà e di destino. Non c’è nulla di astratto, né di intellettualistico in questo libro che pare scritto con il linguaggio del corpo e del cuore, e in cui le stesse vicende della storia o della cronaca si intrecciano con quelle private (Atto di confine 1 e 2; England, my England): perché ciascuno di noi si muove lungo una via di imperfezione, nella fragilità del proprio sapere e del proprio essere nel mondo, alla ricerca di una luce che lo rischiari. Di qui la scelta di una lingua ellittica, a volte spezzata, ma sempre nutrita di echi scritturali, di archetipi visivi, di improvvise accensioni metaforiche che sono come strappi dell’anima, e trovano il loro emblema figurativo nella sezione Le vele, dove un sogno purissimo di libertà è tutto sviluppato attraverso le immagini del mare, delle barche che lo solcano, del volare degli uccelli, delle vele che sanno tagliare il vento della vita, e addirittura traversare «la porta della morte», gonfiarsi fra le lenzuola di un letto.

Laura Corraducci è nata a Pesaro, dove risiede, nel 1974. Insegna inglese nella sua città, dove dal 2012, in collaborazione con l’assessorato alla Cultura, organizza ogni anno la rassegna poetica “Vaghe stelle dell’Orsa”. Ha esordito nel 2007 con Lux Renova (Edizione del Leone), cui ha fatto seguito nel 2015 Il Canto di Cecilia e altre poesie (Raffaelli).


 
pagine 80 | prezzo 14,00€ | cm 14,5X21

Se John Ruskin, in un passo memorabile di The Seven Lamps of Architecture, concludeva che la domanda più appropriata che si dovesse porre dinanzi a un’opera fosse: “Fu fatta con gioia, e fu felice chi la realizzò?”, di fronte alle opere di Roger de Montebello la domanda più urgente sembra essere: che cosa accade nel pittore mentre guarda?
Questo volume presenta la “ricerca veneziana” del pittore franco-americano de Montebello, introdotta da un saggio (proposto anche in inglese e francese) scritto da Guido Brivio, che cura l’intera operazione.
Che si tratti della punta della Dogana o della chiesa di San Michele che si dissolvono nella nebbia, delle variazioni ipnotiche sulla porta di Santa Teresa, dei cipressi iridescenti dell’Isola di San Michele o delle figure inafferrabili e metamorfiche della corrida, Roger de Montebello dipinge instancabilmente uno sguardo, le sue possibilità infinite o forse la sola e unica possibilità autentica, mettendo in scena che cosa accade qui mentre si guarda.

Guido Brivio, studioso di estetica e pratiche filosofiche, svolge la sua attività di insegnamento e ricerca presso l’Università di Torino. Tra le sue ultime pubblicazioni, per Moretti&Vitali, Libertà dell’amore (2014), Il labirinto di Narciso. Sade e Nietzsche nei simulacri di Pierre Klossowski (2015), Paradossi di Afrodite. Origine, eros, immagine (2017) e per Galilée (Paris), Kairos Melancolia (2018).

Roger de Montebello, laureato in storia dell’arte presso l’Università di Harvard, si è trasferito a Venezia nel 1992. Nella città lagunare, oggetto della sua ricerca estetica, vive e opera.