pagine 128 | prezzo 14,00€ | cm 14,5,x21

Cos’è che spinge Platone, a un certo punto della sua vita e della sua riflessione, a uscire dall’orbita socratica, ad affiancare al logos altri strumenti di indagine e di conoscenza?
È la sfiducia nella possibilità di conoscere e comunicare la verità, oltre una ristretta cerchia di iniziati?
O il ritorno alla sua iniziale vocazione artistico-poetica, precocemente sacrificata sull’altare del socratismo e dell’impegno politico?
Sono i viaggi che compie all’interno della propria anima o quelli che, morto il maestro, lo portano a Helios d’Egitto, Siracusa, Taranto, Cirene, Megara, nelle terre in cui ancora risuonava l’eco di esseri sovrumani, indovini e oracoli, sacerdoti e profetesse, divinatori e rapsodi, semidei e aruspici, muse e sibille, eroi e poeti ispirati?
È il ricongiungersi con le origini sapienziali, mai veramente abbandonate, del pensiero, con quella mentalità arcaica e misterica che, nonostante l’avvento della filosofia, continuava ancora a nutrire l’anima greca? O il bisogno, fino a una certa età trattenuto dal rigore del ragionamento, di ascoltare leggende, miti e narrazioni?
A partire dall’analisi della Lettera Settima, uno dei pochissimi testi in cui l’autore dei Dialoghi parla direttamente di sé, il saggio racconta la storia di una conversione dello sguardo e del desiderio e lo fa con un taglio essenzialmente letterario, come letterario è stato il talento di Platone.


Lo scopo di questo libro è quello di mettere in luce con diverse argomentazioni gli aspetti principali della epistemologia junghiana, poco frequentata e conosciuta da studiosi e addetti ai lavori. Questa si basa fondamentalmente su un uso importante della contaminazione delle idee. In particolare quelle idee che si possono attingere dall’opera di antichi pensatori. Ugo Fama ne cita alcuni: il pensiero gnostico, l’alchimia, il pensiero neoplatonico, il pensiero filosofico del Rinascimento e così via fino a quelle di autori più recenti quali Wolfgang Pauli, premio Nobel per la fisica, il cui incontro con Jung aprì nuove prospettive di ricerche sui fenomeni sincronici. La modernità di questo modo di procedere si può cogliere in eminenti filosofi della scienza, quali Thomas Kuhn e Paul Feyerabend. I loro libri – pubblicati nel secondo ’900 – La struttura delle rivoluzioni scientifiche e Contro il metodo danno grande rilievo all’importanza del ricorso alle idee e teorie del passato, in quanto possibilità di superare i paradigmi stretti proposti proprio dai filosofi della scienza contemporanei, loro colleghi.
Ciò conduce a un modo di procedere che si nutre di frequenti stimoli e intuizioni, come dire il passato fertilizza il presente e offre alla ricerca di studiosi e clinici nuove possibilità creative. Questo è quanto il libro vuole sostenere riguardo al pensiero di Jung.