pagine 252 | prezzo 18,00€ | cm 14,5x21

La culla del tempo e il risveglio edenico sono perduti. Non c’è ritorno. Smarrita è la pace, decaduta è la sicurezza della prima nominazione. Le parole che pronunciamo sono ridotte a semplici segni semantici, strumenti d’intesa. Non sono più essenziali né in terra, né in cielo. La determinazione può avvenire ormai solo attraverso la scissione e la distinzione. L’unità è smarrita. Tra la nostra lingua e la voce della natura non c’è più rispondenza diretta. Ogni conoscenza, ogni comprensione umana cade al di qua dell’esistenza autentica.

Con Prendere la parola, Jean-Luc Nancy segnala che è necessario congedarci dai rassicuranti ancoraggi estetici, dalle tentazioni della hybris tecnologica, e affidarci – quando d’ora in poi prenderemo la parola – a un annuncio balbettante, frammentario, segnato dalle divisioni dello spirito.

Prendere la parola affinché ciò che dev’essere rivelato si levi davanti agli occhi. Prendere la parola affinché ciò che a lungo è stato taciuto possa estrinsecarsi. Prendere atto, con disincanto, che il giorno altro non fa che annunciare ciò che il crepuscolo custodisce.

In Nancy è ben chiaro che la perfezione concettuale e l’esattezza della conoscenza possono occultare la verità. Meglio affidarsi a una scrittura destinata fin dal principio al disordine, all’anti-discorso, all’incompiutezza, fino alla perdizione.

Ospite non riconciliato dello spirito dei tempi, Nancy prende la parola contro la condizione annientante del pallido linguaggio concettuale, il sempre-uguale in abiti ogni volta diversi. Prende la parola per prendere le distanze dalle certezze che, parola per parola, confermano le illusioni e conducono a una verità solo apparente. Prende la parola per cercare nel nostro esserci l’insieme vivente: la connessione più alta tra l’essere umano e ciò che resta della totalità della vita.

 

Dalla postfazione di Flavio Ermini


 
pagine 288 | prezzo 20,00€ | cm 14,5x21

È preziosa questa edizione italiana del carteggio. Finalmente viene offerta la possibilità anche a chi non è poliglotta di entrare nello storico ‘laboratorio di pensiero e di azione’ che avrebbe portato all’istituzione del premio Nobel per la pace: un laboratorio dove nulla è scontato, tutto è dialettica, e in cui posizioni analoghe, ma certo non identiche, si confrontano con grande rispetto, ma anche senza reticenze. Si scopre così una dimensione impensata di due personalità il cui nome ricorre oggi con grande frequenza nei media e nei libri di storia, ma delle quali però ancora poco si sa. […] Scrivendosi, Nobel e Suttner rivelano le proprie fragilità, i momenti di incertezza e la fatica di stare nel mondo, le ansie di tutti i comuni mortali per la salute, gli incerti economici, i difficili rapporti con gli altri. […]Le lettere delineano due concezioni del mondo e del vivere per nulla monolitiche, e di certo non sovrapponibili, ma che si scoprono forse complementari nell’aspirare a quell’obiettivo comune: la pace. Impetuosa, appassionata, dominata dall’ottimismo della volontà, Bertha von Suttner; pragmatico, realista, incline al pessimismo della ragione Nobel: due modi di stare nel mondo, per certi versi antitetici. Eppure quest’uomo e questa donna, grazie al rispetto vicendevole e all’altissima considerazione reciproca, di cui le parole che leggiamo danno testimonianza, riescono a trovare un minimo comun denominatore che fa da collante a una relazione i cui dettagli essenziali continuano a rimanere sepolti nel riserbo voluto dagli interessati […]” (dalla postfazione di Paola Maria Filippi).

Alfred Nobel (Stoccolma 1833- Sanremo 1896) studiò a San Pietroburgo e a Parigi. L’inventore della dinamite e dei 5 premi Nobel, ebbe una vasta cultura. Nella sua complessa personalità convivono il chimico e il poeta, l’inventore della dinamite e il pacifista, il misantropo e l’amico fedele di Bertha von Suttner.

Bertha von Suttner (Praga 1843 – Vienna 1914) fu la prima donna a ricevere il premio Nobel per la pace (1905).  Nobile di nascita. fece scelte atipiche per l’epoca, fra le quali si inscrive la consacrazione della sua vita alla causa della pace, allora monopolio degli uomini: resa famosa dal romanzo Giù le armi!, viaggiò molto per tenere conferenze e partecipare a numerosi congressi mondiali per la pace.

Edelgard Biedermann si è occupata di Bertha von Suttner fin dalla sua tesi di dottorato. Dal 1969 al 2002 docente all’Istituto di Germanistica dell’Università di Stoccolma, collabora ora a un progetto di ricerca su Alfred Nobel al Museo Nobel di Stoccolma.