pagine 261 | prezzo 16,00€ | cm 14,5x21

a cura di: Mauro La Forgia, Maria Ilena Marozza
IMMAGINI E PAROLE. CONTAMINAZIONI PERSUASIVE
Metapherein. Il paradigma metaforico tra parola e immagine
Pietro Conte

Immagini di pensiero
Graziella Berto

Le immagini come prassi dell’eccedenza
Mauro La Forgia

Metafore vi(si)ve? I limiti del linguaggio figurato nel linguaggio figurativo
Michele Di Monte

Forte verbum generat casum. Espressione e atmosfera
Tonino Griffero

L’ESPERIENZA DELLE IMMAGINI
Immaginazione e percezione nell’esperienza pittorica
Paolo Spinicci

La fisica dell’immagine. Sguardo anatomico e sguardo poetico
Antonino Trizzino

Arte, parola e concetto
Elio Franzini

Del miraggio, della trasparenza. Le immagini sonore tra limite e sacro
Elena Gigante

IMMAGINI E CURA
La traducibilità trasformativa del linguaggio
Gerardo Botta

L’incompletezza dell’umano: configurare, costruire, testimoniare
Angiola Iapoce

Il disegno speculare catatimico
Gaetano Benedetti, Maurizio Peciccia


Una visita agli affreschi di Giotto, che introduce con tono narrativo il percorso di questo libro, offre lo spunto per interrogarsi sul senso ultimo dell’arte tra conoscenze storico-filosofiche e percezione spontanea delle qualità estetiche. Cercando indizi circa le origini dell’arte, e ponendo ipotesi sulle esigenze primarie da cui hanno preso corpo le prime forme espressive, emerge con una certa evidenza una necessità di potenziamento  e di unità; da una parte con una intensificazione di forza e vitalità, e dall’altra con l’unificazione di elementi diversi del linguaggio simbolico.

L’arte sembra rispondere a un istinto primordiale necessario per riportare la coscienza dell’uomo a quell’unità e vitalità che, sin dalle origini, le sue facoltà razionali e pratiche dividono e indeboliscono. Queste evidenze antropologiche che emergono dall’osservazione di ritualità e attività espressive delle culture naturali e arcaiche, sono arricchite e corroborate dalle teorie di quei filosofi che vedono nell’arte il  “rimedio” per una riconquista dell’integrità.

Nicola Vitale, muovendosi tra l’esperienza dell’artista e del fruitore con riferimento costante ad un affresco di Giotto, traccia una mappa della struttura originaria dell’arte, disegnando una sorta di “fisiologia” della pittura, cogliendo nell’attività pratica dell’artista l’attivarsi di diverse funzioni psichiche in una progressiva coordinazione unitaria.

Questo archetipo dell’arte tracciato con nitore, tocca a tratti i temi tradizionali dell’estetica, ma lo fa sempre in autonomia, partendo dall’esperienza concreta. L’impiego di alcune categorie junghiane, utili a mettere in evidenza tali passaggi, esula tuttavia da un’interpretazione psicoanalitica dell’arte; emerge piuttosto il carattere “prospettico” dell’esperienza estetica, la cui percezione si sviluppa, nei diversi osservatori, da un punto di vista soggettivo verso un orizzonte di conoscenza universale che apre a una sfera più ampia di rivelazione. E’ una progressiva conquista di quel lato oscuro che, secondo Jung, in ogni personalità è relato alle funzioni psichiche meno sviluppate e coltivate, processo che egli definisce individuazione e che sembra essere un aspetto centrale di quell’attività umana imprescindibile che chiamiamo arte.