pagine 192 | prezzo 14,00€ | cm 14,5x21

Questi Quaderni di poesia raccolgono una parte del lavoro poetico dell’autore negli ultimi decenni, antologizzandolo secondo una quadripartizione orientativamente tematica. Il primo quaderno mette a contrasto l’amore buono (che alimenta la vita, la quale, senza quel nutrimento, languirebbe fino a  spegnersi) e l’Ombra dell’amore, il malamore, tossico e malato. Il terzo quaderno (Storia e geografia) è dedicato ai viaggi il cui obiettivo non è l’arrivare ma l’andare (“Itaca ti ha donato un bel viaggio”, ricorda Kavafis al suo Ulisse), a quel viaggiare che è pellegrinaggio mai concluso. Il viaggio, nello spazio e nel tempo, si affaccia talvolta su frammenti di Storia. E della Storia il viaggiatore deve riconoscere il male, col timore che, per citare Ceronetti, “il male sia struttura di fondo, sulla quale si può intervenire debolmente e solo un poco, diminuendone piccole aree, riducendone qualche angolo”. Questo, anche, può essere il compito della poesia: operare, limitatamente, come strumento di una qualche diminutio malis. Il quarto quaderno cerca la comunione tra vivi e i morti, il dialogo della memoria. Ma la figura tutelare di tutta la raccolta è quella dello sciamano del secondo quaderno (Il canto dello sciamano). Lo sciamano, guaritore ferito mai guarito, come il poeta (e come l’analista), cura con la parola e con il canto, che, a partire dalla cognizione del dolore e dell’impermanenza, ci accompagna lungo il cammino di una guarigione forse impossibile, comunque sempre parziale, e tuttavia segnata da brevi tappe di gioia, da labili ma intense quasi-illuminazioni che rischiarano l’arduo percorso interiore del fare anima. Cifra paradossale di questa poesia è l’ossimoro: qui il poeta coniuga sguardo disincantato e pietas,  è un disperato che semina speranza, è l’étranger di Camus, ma appassionato, è un Sisifo che riesce addirittura a immaginarsi felice.


Una delle maggiori trasformazioni della Storia sta avvenendo sotto i nostri occhi: il lento, ma ormai inarrestabile, accesso della donna alla vita pubblica e l’affermarsi in essa dello spirito femminile, le cui conseguenze si preannunciano radicali a tutti i livelli, pratici e teorici. Da differenti punti di vista i saggi di due studiose – psicoanaliste e antropologhe – si intrecciano con quello di un sociologo per anni impegnato sul fronte della differenza di genere nella società contemporanea. Ne scaturisce un volume che integra elementi estratti dalla Politica Sociale, dall’Antropologia e dalla Psicoanalisi, senza patriottismi di disciplina. Al tempo stesso è un’opera sostenuta da una passione fortemente argomentata che l’anima e coglie un processo che in tutto il mondo, ma soprattutto in Occidente, vede la vita pubblica e l’impegno che l’accompagna non più un fatto solo circoscritto al mondo maschile.

L’apertura al femminile non è più un puro fatto strumentale a scadenze elettorali, ma il reale emergere di un ethos nuovo. Si prospetta così un nuovo modo di vedere e percepire il sociale e i meccanismi di potere che lo accompagnano, fondato sulla convinzione che lo spirito di empatia di cui le donne sono portatrici possa espandersi e essere determinante nel “cambiare il mondo”. E con questo far sperare che un mutamento dei meccanismi del potere, tradizionalmente gestito dai maschi in modo distruttivo, possa far posto a un nuovo tipo di organizzazione nelle relazioni politiche, economiche e sociali. Di qui le conseguenze trasformative sul piano psicologico, sia per l’uomo che per la donna, della presenza attiva delle donne nella cosa pubblica. La prospettiva, infine, non è quella di far diventare donne gli uomini, o viceversa, ma di procedere verso una società più umana e consapevole grazie all’apporto della donna come soggetto della vita pubblica, donna “portatrice di una creatività fondata su una spiritualità, scevra da qualsiasi forma di bigottismo”.