“Lo spunto del libro nasce dal ricordo personale di un avvenimento sincronistico. L’autrice racconta di avere incontrato, durante gli anni a Zurigo, un’anziana signora cinese che passeggiava appoggiandosi a un bambino e a un bastone. In quell’occasione Shirley See Yen Ma si rese conto che l’anziana signora aveva avuto i piedi fasciati e provò un’inspiegabile sensazione di disagio e d’inferiorità.

Il legame tra i piedi fasciati dell’anziana signora e i sentimenti di insicurezza e di inferiorità provata in quell’occasione, ebbero su di lei l’effetto di un’illuminazione: «[…] scoprii che anche i miei piedi, così come quelli di tante donne con le quali avrei poi lavorato, erano stati psicologicamente fasciati». Questa presa di coscienza fu la spinta all’ampia riflessione sul fenomeno dei piedi fasciati e sulla “fasciatura psicologica”, che sono diventati l’oggetto del libro.

Si narra che l’uso della fasciatura dei piedi risalga all’ultima imperatrice della dinastia Shang (1520-1030 a.C.), una figura mitologica che aveva il potere di trasformarsi in volpe. Per nascondere le zampe di volpe, l’imperatrice iniziò a fasciarle. Un giorno danzò con queste zampette fasciate la “Danza della luna sul fiore di loto” davanti all’imperatore. Egli fu talmente affascinato dallo spettacolo, che ordinò da quel giorno in poi che a tutte le bambine del regno fossero fasciati i piedi.

Storicamente fu il passaggio dalla dinastia Shang alla dinastia Han, attraverso le dinastie Zhou e Qin, a sancire la perdita del ruolo sociale e pubblico delle donne e da questo punto di vista la storia dell’ultima imperatrice Shang potrebbe essere il racconto mitico patriarcale che giustifica la mutilazione delle donne invalsa da allora in poi.”

Attingendo alla storia personale dell’autrice, dalla mitologia popolare cinese e dal lavoro analitico, Con i piedi fasciati tratta di come le donne moderne avvertano i loro piedi fasciati simbolicamente, così strettamente come quest’antica pratica. Attraverso lo studio dettagliato dell’esperienza di donne sia orientali sia occidentali l’autrice dimostra come l’analisi junghiana possa sciogliere questi nodi psicologici permettendo alle pazienti di riconnettersi con il loro archetipo femminile, di riscoprire la propria identità e di prendere il controllo del proprio destino.

Il libro è di particolare interesse anche per chiunque studi o voglia conoscere la cultura e la psicologia cinese.

 dalla introduzione di Marta Tibaldi


 
pagine 128 | prezzo 12,00€ | cm 14,5x21cm

Perché incontrare, ancora oggi, Platone? Cosa significa incontrarlo “veramente”? Questo libro risponde alle due domande senza proporre alcuna nostalgia archeologica. Il lavoro di Salvatore Lavecchia intende riconoscere a Platone il suo posto, di nuovo centrale nella formazione della cultura europea, ma non per i consueti motivi che si trovano nei manuali di filosofia. L’affascinante percorso proposto nel libro mostra come il pensiero di Platone possa aprire un inedito percorso di esperienza spirituale ed etica. Nuova è la concezione della filosofia platonica come filosofia pratica in cui è centrale la luce del bene, non più intesa come esterna all’esistenza umana (come si intendeva quando si pensava Platone come puro idealista), ma anzi come esperienza generabile personalmente, nella condizione umana. L’autore rivela le pratiche di Platone orientate verso il futuro, nella luce del bene: individui e comunità, persone e universo, così, non vivono più in lacerante dicotomia, ma sono trasformati da una nuova creatività generata dallo splendore dell’esperienza del bene. Non ultimo aspetto d’interesse del libro consiste nella ridefinizione di parole-chiave della filosofia di Platone, resa possibile dalla eccezionale competenza filologica dell’autore.