pagine 182 | prezzo 16,00€ | cm 14,5x21

La nostra esistenza si accompagna per intero ad una percezione soggettiva del tempo che, complice il nostro esser terreni, rimarca la nostra finitudine e sempre invoca un attribuzione di senso; è così che al tempo si accompagna in noi anche l’idea di un qualcosa che lo possa trascendere, per una frazione di pura esistenza o all’infinito, vestendo i panni dell’ Eternità.

Tempo ed Eternità ritrovano originale conniuctio in un’idea che ha permeato nei secoli le correnti dello Spirito , così come le discipline della materia: quella per la quale l’assetto (eterno) del reale è frutto, istante per istante, di un continuo processo di ri-creazione (conservatio est continua creatio). Ritroviamo questa idea, diversamente declinata, nel pensiero di Sant’Agostino, nella mistica medievale di Meister Eckhart, nel corpus dottrinale del Pantheon induista e nell’ambito della moderna astrofisica; ma essa attraversa in qualche misura anche l’intera impalcatura della Psicologia Analitica, investendo del connotato temporale i suoi più importanti assunti teorici.

La trama di questo breve saggio è intessuta della stessa idea; in un percorso che, a partire dalla Tipologia Psicologica junghiana, attraversa gli affetti e le diverse fasi della vita, i territori della bellezza e quelli della fantasia, sino a condurci nell’alveo della dimensione creativa per eccellenza: quella dell’artista; là dove ogni istante aspira ad incarnare   il segno e il ritmo propulsivo di un cambiamento.

Nella prima parte del testo si approfondisce la relazione che intercorre tra le caratteristiche del Tipo Psicologico e la tendenza ad orientare pensiero e azione privilegiando uno dei tre assi temporali (passato, presente o futuro). Vengono inoltre esplorate alcune distorsioni temporali proprie della patologia psichica e il modo in cui la dimensione temporale connota le diverse fasi del nostro sviluppo individuale.

Nella Seconda parte si delineano i rapporti tra arte e inconscio, evidenziando nel tempo il file rouge che traccia la relazione tra dimensione estetica e variabili psichiche d’ordine individuale e collettivo.

L’ultima parte del saggio guarda alle principali correnti e alle opere che hanno costellato le vicende dell’arte pittorica da un secolo a questa parte, in dialogo con i principali riferimenti teorici della Tipologia Psicologica Junghiana. Il capitolo che conclude l’ultima parte del testo anticipa nel titolo, Allo specchio, la tensione a confrontarsi con la propria finitudine.


 
pagine 244 | prezzo 18,00€ | cm 14,5x21

L’apparire dell’essere è sempre enigmatico, talvolta ingannevole, in ogni caso incalcolabile. Così è pure il suo celarsi.

Quali sono le vie che portano l’essere ad apparire? Come si manifesta l’essere? Dove si cela? Ogni sua manifestazione è davvero illusoria? Ce ne parla Flavio Ermini in questo libro, indicandoci quali conseguenze comporta fare esperienza del mondo e del suo incessante scaturire.

Il giardino conteso si articola in sei parti, dedicate ciascuna a un momento specifico della contesa che è sempre in atto tra essere e apparire. Quella contesa indica che a fondamento della vita sta la consapevolezza di essere al mondo. Accorgersi di vivere, infatti, è muovere un passo nell’esperienza originaria dell’esistenza. Testimoniare e custodire il senso di tale esperienza è un compito al quale non possiamo sottrarci.

La coscienza di vivere chiama all’appello le insistenti e dolorose erosioni degli anni. Eppure questa consapevolezza è la condizione irrinunciabile per potersi accostare alla verità. Bisogna prendersi cura della sofferenza che ci assilla, esserne coscienti, al fine di perfezionare la conoscenza del bene congiunto di bellezza e verità. Ecco perché nelle ultime pagine de Il giardino conteso, la parola diventa propriamente esperienza poetica. Prende la parola per far sì che l’essere si dispieghi al fine di contendere il giardino all’ingannevole apparire.