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In Letteratura come desiderio Daniele Piccini attraversa un largo braccio della tradizione poetica italiana, letta come un insostituibile strumento di conoscenza, di viaggio e di azzardo. Dallo Stil novo a Petrarca, culminando in Leopardi e in certo Novecento – da Campana e Pavese lino a Luzi e ai contemporanei – è come se la poesia qui investigata rilanciasse continuamente il moto del desiderio. La parola poetica, interrogata con tecnica ma anche con finezza e gusto, rivela a Piccini la sua natura di permanente tensione desiderante, che si muove tra il viaggio dantesco e il fantasma femminile petrarchesco, tra la «donna che non si trova» di Leopardi e le proiezioni barbariche di Campana. Per questo suo intenso investimento, la parola della poesia si mostra non solo come mezzo e tramite, ma come luogo della manifestazione del desiderio: come possibile incarnazione delle attese che la Storia suscita e delude. Scrive Paolo Lagazzi nella sua Introduzione: «in Piccini non possiamo non riconoscere il calore della “simpatia” nel senso primo, etimologico, cioè la capacità di penetrare, attraverso le forme del linguaggio e dello stile, nel retroterra dei testi, nella loro densità pulsionale e vibratoria, nel loro pathos intimo».
Trascorsi pochi anni dalla fine del Novecento, questo libro tenta di inaugurare una nuova idea di letteratura e, insieme, di ricostruire una critica che parli non solo agli addetti ai lavori ma anche ai lettori, coinvolgendoli nel ritmo di un’indagine che alla fine svela il volto di chi legge, oltre a quello dello scrittore interpretato.