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È l’immaginazione oggi, la sua risonanza profonda, la sua densità simbolica ed evocativa, a essere danneggiata e ferita. Mortificata e abusata, è l’immagine ad avere bisogno di cura, di attenzione, di luogo.
Di questa cura, di un tale luogo, spazio di mediazione tra visibile e invisibile, della speranza che reimparare ad abitare questo spazio possa avere un effetto terapeutico, di “guarigione” insieme di uomo e mondo, parla questo libro.
Il mondo può infatti essere rigenerato dal lavoro di distillazione che l’immagine – assumendolo, trasmutandolo e restituendolo – compie su di esso. Allo stesso modo, l’uomo che reimpara a immaginare ritrova la generosità e l’integrità del mondo cui appartiene.
Occorre restituire figura e intensità a una dimensione dell’esperienza trascurata e avvilita, occorre richiamare al capezzale di questa fonte preziosa la tradizione millenaria di pensiero e opera in cui risuonano, braci sempre bisognose di alimento e di veglia, accanto ai maestri del tempo vicino, le immaginazioni creataci dei figli di Ermes, dei mistici e degli alchimisti, della cultura che ha costantemente cercato la congiunzione sofferta dei contrari.
Si tratta di rendere a un sapere troppo spesso strumentale o strumentalizzato, come quello pedagogico, uno sfondo integratore, un principio minore ma non di meno fondante, quello che, attraverso la meditazione dell’opera mite e tenace di autentici adepti dell’immaginale, come Bousquet, Bonnard o Tarkovskij, attraverso la lezione “altra” dei grandi maestri dell’immaginazione, da Bachelard a Durand, da Jung a Corbin a Hillman, possa permettere di riannodare lo sguardo al suo orizzonte, la materia al suo Opus equilibratore.
Questo libro suggerisce infine la tutela appassionata di quel mondo davvero ulteriore, costituito dalla simbolica d’infanzia, di cui un sapere rinnovato, che si può provvisoriamente denominare pedosofia, possa riscattare tutto il potenziale di accoglimento, di animazione, di moltiplicazione.