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Reduce da tragiche esperienze che l’hanno toccata sul piano personale fino a farla avvicinare alla morte si collocano le riflessioni dell’autrice, che in questo libro tenta di mostrare come sia importante per la psicologia del profondo rimanere fortemente ancorata alla dimensione umana e cessare di imitare penosamente il metodo scientifico. Pur ammirando la scienza e gli scienziati la Paris sostiene l’importanza di non scindere la conoscenza scientifica, incarnata dal progresso delle neuroscienze, da quella umana che pur sempre deve caratterizzare le psicologie del profondo. Paris affronta uno dei massimi dilemmi della psicologia contemporanea: come integrare le scoperte e le intuizioni delle neuroscienze e della medicina nell’ approccio curativo fondato sull’attivazione dell’immaginazione. Allo stato attuale Paris dimostra che ciò che succede danneggia sia le scienze biomediche che quelle psicologiche fondate sull’immaginazione. Il libro denuncia infatti la sudditanza della psicologia nei confronti delle neuroscienze e «l’arroganza di certe psicoterapie che hanno la pretesa di guarire la sofferenza psicologica, come si fa per la frattura di una tibia».
«Io nutro un grande interesse per le neuroscienze» sostiene la Paris «ma penso pure che più queste progrediranno più ci sarà bisogno di sviluppare parallelamente una saggezza psicologica».