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Nel V secolo a.C. con la tragedia greca compare per la prima volta nella storia della nostra cultura il teatro e per la prima volta, nella formula tragica, viene messa in scena davanti a un pubblico la relazione tra uomo e donna.
Il mito, quindi, non è più racconto come nell’epica: diventa azione drammatica, vicenda di vita privata di personaggi che si esprimono in prima persona dando voce a un dialogo.
Ma perché risalire al primo dialogo diretto tra uomo e donna, tra maschile e femminile? La rivendicazione dell’uguaglianza tra i sessi, espressa dal femminismo, e il bisogno per donne e uomini di liberarsi dagli stereotipi di genere sembrano aver creato incertezza riguardo all’identità e alla relazione d’amore. Euripide, ultimo dei tragici greci, calando il mito nella realtà terrena, rappresenta uomo e donna nella vita di tutti i giorni, con le loro contraddizioni, passioni, miserie, follie; il suo mondo non è quello pubblico dell’eroismo e della gloria, ma quello privato degli affetti. Forse la forma più antica di dialettica della coppia giunta fino a noi consente di ritrovare le dinamiche originarie degli opposti sessuali archetipici, sia nella guerra che nell’unione feconda. In quello specchio drammatico uomini e donne di oggi possono riconoscere problemi e conflitti, battaglie e tragedie che si compiono nel cuore umano.