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«Il carattere insistente, invadente, del senso di colpa nella maggior parte delle formazioni psicopatologiche incontrate nel corso di una lunga pratica clinica è stato il punto di partenza di questa riflessione»; così afferma Evelyne Pewzner, autrice de L’uomo e la sua colpa. Perlomeno nel contesto culturale dell’Occidente: dove troviamo come patologie caratteristiche la nevrosi ossessiva (con la sua preoccupazione della sporcizia del corpo e della contaminazione interiore, e i suoi inarrestabili rituali di purificazione…) e la melanconia (con il suo vittimismo autoaccusatorio, la ricerca di un castigo mai sufficiente per una colpa inespiabile…). Eppure non è così nelle culture non occidentali, dove il disagio psichico assume altre forme. Perché questa differenza?
Secondo l’autrice, non è possibile rispondere se non cercando un senso a tali patologie; e lo si può fare solo in una prospettiva antropologica, mettendole in relazione con la cultura in cui si sono sviluppate, e in particolare con i simboli religiosi del Cristianesimo: dal peccato originale all’interiorizzazione della colpa, all’idea del sacrificio, dell’espiazione, della redenzione. L’autrice si addentra quindi in un ampio e dettagliato accertamento, che investe l’intera storia della civiltà occidentale, dall’ellenismo alla modernità, dove la formazione del concetto di persona e d’individuo si lega alla definizione della follia e al suo trattamento. L’opera della Pewzner è persuasiva nella sua documentazione e stringente nel rigore metodologico della sua dimostrazione. Ed è impossibile non sentirsene coinvolti, perché affronta simboli ed esperienze che qualsiasi lettore ha assorbito e vissuto, sul proprio corpo e nella propria mente, nel corso della sua esistenza.