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L’opera – basata su un ciclo di seminari tenuti a Zurigo nel 1974 – prende in esame una serie dì racconti espressi da differenti culture e analizza la presenza del materiale archetipico in fiabe diverse per provenienza, sottolineando soprattutto come i personaggi non debbano essere intesi come ego, ma come immagini archetipiche.
Marie-Louise von Franz ci dice così come entrare in contatto con la fiaba, ce ne mostra gli elementi, la loro forza e le caratteristiche, ci obbliga a interrogarci sul senso profondo dei personaggi e delle storie che essi vivono.
Ma fa di più: ci rammenta che le fiabe non sono racconti delle esperienze personali, bensì prodotti delle comunità, e che delle comunità-madri ci parlano, della loro psiche collettiva e profonda. Nel far ciò l’autrice potenzia le storie, le sottolinea al nostro sguardo apparentemente acuto ma sostanzialmente presbite, mostra le differenze rese vive dai personaggi oscuri (trolls, maghi, orchi, ecc.) e dagli uomini del sacro (preti, sciamani, medicine-men). E, del resto, chi se non Marie-Louise von Franz poteva riuscire a parlarci con saggezza del percorso di individuazione, prendendo come spunto un filo di paglia, un pezzo di carbone e un fagiolo, tutti “in fuga” dalla pentola di una donna?