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Questo libro indaga le ragioni di una secolare seduzione, quella della follia e delle sue “traduzioni” antropologiche, letterarie, spettacolari: il buffone, il clown, il folletto, il trickster, il rigoletto… Lo sguardo di Willeford ha confini ampi: dalle buffonerie rituali delle società primitive al teatro medioevale, da Shakespeare fino al ventesimo secolo (Charlie Chaplin, Buster Keaton, Grock, i Fratelli Marx, Karl Valentin), nulla della complessità retorica e iconografica del Pool è trascurato. Willeford ci fa così assistere allo show del Fool, ne traccia le caratteristiche permanenti, ne stabilisce i nessi con la mimesi del teatro, del circo, della strada. Ma chi è il Fool? È chi sta fra l’ordine e il disordine, in bilico fra armonia e caos cosmogonici. Il Fool non conosce il confine fra bene e male, maschile e femminile, centro e periferia: non conosce confini, perché li oltrepassa tutti. Il Fool ha la stessa libertà e imprevedibilità dello spirito, seppure nella sua messinscena lo spirito finisce col diventare un moto tumultuoso senza centro né direzione. Ma la sua confusione lascia intravedere stralci di una “natura” le cui finalità e intelligenza sono mutuate dall’istinto che, al pari dello spirito, non può rientrare in una comprensione razionale. Il Fool – ci insegna Willeford – è sempre primitivo e magico, e come tale circondato da un’aura speciale. È apparizione che irrompe a sconvolgere la scena quotidiana.