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Psiche e eternità. Alla ricerca del dio perduto è il primo volume di Psiche e eternità: una trilogia che affronta in termini di meditazione “obiettiva” e personale, con approccio filosofico e letterario al tempo stesso, gli interrogativi di sempre, e tuttavia ineludibili per ogni persona: “Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? Dio è morto, vivo o rinascente? C’è la morte, ma c’è pure un oltre la morte? E il male è qualcosa di assoluto o è superabile nella vita umana? C’è una via, o sentiero, o viottolo che possa condurci ad una vita infinita, o quantomeno più o meno stabilmente felice?”
Tre fratelli idealmente gemelli, che naturalmente sono la triplicazione dell’identità profonda dell’autore, si misurano a fondo e senza infingimenti su tali cose. Sono: Religiosus, Atheus e Psychicus. Ciascuno dei tre ha ottime ragioni, benché tra questi “uguali” uno lo sia un poco di più: il terzo, che replica ai due antagonisti in una chiave psicologica, che vorrebbe superare gli opposti, ma non può mai farlo compiutamente. Emerge un’interrogazione filosofica e religiosa di tipo ulteriore, persino rispetto alla psicologia analitica: un’interrogazione che proseguirà nei volumi successivi, con cadenza annuale, ma già in gran parte compiuti: Nietzsche dopo la follia. Romanzo dionisiaco e Il dio nella vita. Lo svelamento dell’Essere dopo la “morte di Dio”. Alla fine che ci dirà il dio che parrebbe in cammino “in noi” e nella vita tutta?
Il primo volume, per quanto segnato da un dibattito delle idee serrato, è in prosa poetica. Il secondo volume è un romanzo d’idee, ma anche ricco di colpi di scena e invenzioni. Il terzo è un poema in versi.