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“Ancora e sempre suona come il motto araldico di un’impresa pervicace, paziente ed ostinata”. Così Andrea Tagliapietra introduce lo scavo dialettico che Italo Valent compie nell’opera di Wittgenstein. La formula, meditatamente aforistica, è la chiave con cui il filosofo esplora i temi wittgensteiniani a livello sia del metodo che dello stile; è anche, nella sua natura avverbiale ed endiadica – dove il sempre depotenzia la piega dell’ancora, ma l’ancora inquieta la continuità del sempre – la modulazione di una pratica di pensiero che esprime il lavoro svolto dall’autore sui testi di Wittgenstein e, insieme, la forma singolare della sua scrittura filosofica, dove l’aforisma mostra proprio quell’esuberanza del pensare sul dire da cui muove l’impresa della filosofia.
Ecco che l’itinerario attraverso quello che Valent chiama lo stile speculativo di Wittgenstein permette di riconoscere l’attività in cui consiste la filosofia: dal combattimento con il linguaggio che compendia contenuto, metodo e stile della filosofia wittgensteiniana emerge l’autonomia del pensiero rispetto alla volontà di comunicazione, alle prestazioni sociali del discorso e alle regole della logica. Si rivela così l’originaria atopìa del filosofo, la sua collocazione tattica fuori luogo rispetto ai ruoli della società, alle etichette della cultura e agli effetti delle pratiche dei discorsi e dei saperi.