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Settembre 2016
Questo fascicolo di «atque» riflette sull’intrinseca, originaria e fondamentalmente positiva, opacità del reale. Ovvero sul carattere di opacità e insieme di concretezza delle cose, delle persone, degli eventi a cui, d’altronde, varie pratiche di studio e riflessione sembrano ormai rinviare: dalla percezione all’attenzione, dal darsi del dentro e del fuori, alla relazione tra mente e corpo e tra soggetto e oggetto. Opacità degli oggetti fisici e della materia delle cose: materialità, attrito, resistenza, persistenza, “quel che resta”, “il soggetto sottostante” non fanno altro che comporre un corollario della opacità delle cose – così come esse appaiono nel nostro campo visivo. D’altronde, nella visibilità – nel gesto della visione che accompagna il nostro situarci nel mondo – le cose, le persone, le situazioni si dispiegano nella nostra vita proprio per il loro carattere opaco e insieme concreto. In forma di domanda: a) riusciamo, e come, ad abitare le cose che ci sono (che si danno ai nostri occhi) ma che, come tali, si mostrano nei loro caratteri di opacità positiva e concretezza piena? b) come possono procedere i nostri discorsi senza mettere in scena una eterna vittoria della mediazione linguistica e, più in generale, simbolica sulla opacità delle cose, per cui – ogni volta rinviandovi – riescano a non dire di più di quel che nel loro dire tacciono? c) si può infine affermare che proprio resistendo nella loro opacità, le cose sono ciò che danno luogo al patico, per cui – esplodendo a livello esperienziale – eccedono la nostra intelligenza sia rivelandone criticamente i suoi tratti essenziali, sia tendendo a oltrepassarla, e quindi ad aprirla a una haecceitas? Se il tema del fascicolo è “L’opacità” e in particolare “L’opacità dell’oggettuale”, più ordinatamente i vari svolgimenti che raccoglie, possono essere sommariamente etichettati così: la resistenza delle cose; non solo soggetti; la dimensione opaca (e resistente) dell’essere un corpo (vivente); la logica dell’Es (intra-, inter-, ed esopsichico); il momento opaco della paticità.
Fabrizio Desideri e Paolo Francesco Pieri