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La Commedia di Dante sta conoscendo una stagione di riscoperta presso il vasto pubblico, ma l’immagine del poeta fiorentino è pur sempre quella che la cultura accademica ci ha consegnato. Le rivisitazioni filologiche ed estetico-letterarie lasciano pur sempre in ombra segreti di quella personalità fuori del comune e della sua opera, per molti aspetti ancora enigmatica. In particolare, vi è un aspetto che stenta a essere preso in considerazione dalla critica ufficiale: il pensiero filosofico-religioso di Dante, generalmente ritenuto in linea con i dettami dell’ortodossia dell’epoca.
Di un Dante non precisamente ortodosso si cominciò a sospettare presto. Ma bisognò attendere nuove circostanze storico-culturali perché su questo aspetto del pensiero dantesco si potesse finalmente indagare senza troppe cautele. Già Ugo Foscolo, inascoltato, avvertì l’importanza del problema per l’intendimento pieno dell’opera dantesca: «A chiunque considera nell’autore il poeta anziché il legislatore di religione, Dante e quel secolo, temo, sì rimarranno mal conosciuti».
Mosso da un forte e mai celato intento etico, l’autore offre qui un ritratto inedito di Dante: quello di un cristiano che vuoi dare nuova linfa alla cristianità, riportandola alla virtù originaria.